Recensione: Hymsn Of Dissension

Di Riccardo Angelini - 10 Febbraio 2008 - 0:00
Hymsn Of Dissension
Band: Katagory V
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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55

Fuori un altro. A poco più di un anno di distanza dall’uscita di ‘The Rising Anger, gli statunitensi Katagory V danno alle stampe il quarto lavoro da studio in sette anni, il primo a ottenere distribuzione europea. L’esordio su Burning Star Records giunge in effetti un po’ a sorpresa, considerato che nonostante una partenza di un certo rilievo (da segnalare l’incoraggiante “A New Breed Of Rebellion”) nel tempo la carriera della band aveva stentato a decollare. A “Hymns Of Dissension” tocca dunque il non facile compito di tentare il fantomatico balzo di qualità, allo scopo di raccogliere i consensi necessari a rendere duratura la presenza del combo di Salt Lake City nel vecchio mondo.

Compito che si profila tutt’altro che in discesa. Lo stile dei Katagory V non si propone certo fra i più appetibili al grande pubblico, vuoi per il difficile genere suonato, vuoi per la scarsa freschezza della proposta in senso stretto. Il sound attinge a piene mani dall’heavy/power a stelle e strisce, puntando su riff rocciosi e vocalizzi decisamente impegnativi. Parallelamente, la band si spinge con sempre maggiore insistenza verso lidi progressive, in una sorta di estremizzazione di quanto elaborato sul finire degli anni ottanta dai caposcuola Fates Warning, Crimson Glory e Queensrÿche. La ricetta potrebbe far venire l’acquolina in bocca a più di un curioso, ma duole constatare che al cimento con i fatti la sostanza è assai inferiore a quanto auspicabile. Innanzitutto, va da sé che il sound che una ventina di anni fa poteva a ragione essere giudicato innovativo oggi si ripresenta sotto un’aura nettamente diversa, più nostalgica e retrò. Da questo punto di vista, l’elemento tecnico in senso stretto finisce per avere facilmente la meglio su quello sperimentale. È però proprio qui che la natura ibrida del disco si rivela un’arma a doppio taglio. Come prog metal band, i Katagory V si trovano a competere con interi plotoni di formazioni ben più agguerrite a livello di idee; come gruppo U.S. power si trovano a fare i conti con limiti espressivi piuttosto evidenti, indicativi dell’abisso che intercorre tra i nostri e i titani del passato. I brani iniziali, da “Listen To You, Listen To Me” a “Lies And Illusions” sfoggiano un riffing solido e ben tornito, supportato da una sezione ritmica affidabile, sì, ma troppo macchinosa e priva di dinamismo. Il cantante Lynn Allers dal canto suo dà prova di capacità tecniche sopra le righe, ma il versante interpretativo non appare certo il suo forte, con grave danno del coinvolgimento a lungo termine. L’attenzione infatti inizia a scemare già dopo pochi minuti: saranno necessari molteplici ascolti per digerire la tracklist per intero, e alle ultime canzoni si arriverà non si arriverà comunque senza una certa stanchezza. É soprattutto al cruciale momento del refrain che la band tende a prestare il fianco. Rari sono i cori che stuzzicano la memoria, ancor più rari quelli che strappano un sussulto o un moto di partecipazione da parte dell’ascoltatore. Tutti i problemi della band emergono nell’emblematica ballad “Can You Hear Them”: dallo sfondo romantico tratteggiato dalle chitarre nell’introduzione nasce una melodia arida e sterile, che addirittura la colloca tra gli episodi più freddi della tracklist. Un’occasione sprecata.

Occasione sprecata pare del resto il disco nel suo complesso. Il riffing offre una base di stampo tradizionale piuttosto interessante, che potrebbe trarre giovamento da una forma canzone diretta e relativamente lineare. Purtroppo però la band si complica la vita da sola, addentrandosi in territori progressive nei quali ha la tecnica ma non le idee necessarie per muoversi. Riattualizzare oggi la lezione dei pionieri degli anni ’80 è un compito più arduo di quel che potrebbe sembrare, e lo spettro del fallimento incombe implacabile quanti siano abbandonati dalla propria musa ispiratrice. Qualcosa, insomma, dev’essere necessariamente cambiato, Il recente abbandono da parte del cantante Allers e del secondo chitarrista Mark Hanson potrebbe rappresentare lo stimolo giusto per il futuro. I mezzi per una buona navigazione del resto ci sono tutti: si tratta di tappare le falle prima che la barca affondi.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1 Listen to You, Listen to Me
2 Workforce
3 Do Feelings Remain
4 Lies and Illusions
5 Apologetic Heart
6 Kings of the Valley
7 Forlorn Child
8 Can You Hear Them
9 No Matter What
10 Enemy [bonus track]
11 Sands of Time 2007 [bonus track]

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