Recensione: Idolator

Di Riccardo Angelini - 15 Febbraio 2007 - 0:00
Idolator
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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75

Debutto europeo per i Blood Stain Child, band di natali nipponici che aggiunge con Idolator il terzo tassello ufficiale al mosaico della propria discografia. Un mosaico che si presenta oggi piuttosto eterogeneo: a cinque anni dal debutto, molto sembra essere cambiato nel sound del combo di Osaka. Il punto di riferimento resta la Scandinavia, ma lo sguardo sembra essersi spostato dalle terre finlandesi alla vicina Svezia. Difatti, quello che ai tempi di “Silence of Northern Hell” (2002) era un death power di intento epico in stile Ensiferum, nel tempo si è trasformato nel melodic death chiaramente affliato al Gothenburg sound che sta alla base di “Idolator”.

Sembra che in questi cinque anni questi ragazzi abbiano d’un tratto scoperto i capostipiti At The Gates, gli In Flames (in particolare quelli del periodo pre-Clayman) e i Dark Tranquillity dell’era post-Projector. Senza tralasciare l’impronta ricevuta dai più recenti Children of Bodom, soprattutto per quanto riguarda le linee vocali. In particolare, il timbro del singer Ryu va a collocarsi a metà via tra quello di Alexi Laiho e quello di Anders Frieden, cui si avvicina soprattutto nelle (perfettibili) parti pulite. Da parte loro le chitarre si adeguano in modo più o meno pedissequo agli stilemi del genere, indulgendo in irrefrenabili sfuriate death/thrash sporadicamente frammentate da eleganti riffoni maideniani. Unico elemento di rottura rispetto alla tradizione è il sound delle tastiere, arroganti quanto basta per iniettare nei brani un’overdose di beat elettronici che parrebbero stillati da una compilation di brani techno. Sì, avete capito bene, e capirete ancora meglio ascoltando brani come la cibernetica “Ag2o” e, soprattutto, la spudoratissima “Embrace Me”. La folle alchima tra elettronica esasperata e metal estremo – incredibile a dirsi – funziona: l'(ab)uso calcolato di campionamenti finisce anzi per valorizzare le composizioni, arrecando un duplice beneficio. Da un lato riescono infatti a emergere brani altrimenti anonimi – come “Type-N”, in cui fa capolino anche la voce femminile – o eccessivamente derivativi – come la pur piacevole “Final Sky” o la già esaltante “Trial Spiral” (fortemente ispirata, per usare un eufemismo, ai vecchi In Flames). Da un altro lato invece è la tracklist nel suo complesso a trarre giovamento dall’insolito matrimonio, acquistando parecchi punti in termini di varietà. Una circostanza che fa da provvidenziale contraltare alla tendenza da parte del combo del Sol Levante a procedere con il pedale dell’acceleratore imperterritamente schiacciato.
Ultima nota di merito per la personalissima interpretazione di “True Blood”, cover tratta da uno degli innumerevoli successi della rock band giapponese Luna Sea – una formazione pressoché sconosciuta dalle nostre parti ma considerata tra i pilastri del visual-kei in patria. A chi non avesse mai avuto occasione di ascoltare l’originale, basti sapere che si trattava di un pezzo rock melodico, veloce ma introspettivo, dalle tinte fosche, crepuscolari. Un singolo da radio che nelle mani dei Blood Stain Child si trasforma in una scheggia death metal veloce e penetrante, pressoché indistinguibile dagli altri brani scritti di proprio pugno dalla band.

Nonostante il sound prettamente europeo (o meglio, proprio per questo) “Idolator” pare un album tagliato su misura per il pubblico giapponese, la cui passione per certe sonorità ancora esita a tramontare. Ne consegue che, al di là dell’abbondante contaminazione elettronica, un simile disco avrà ben poco da offrire a chi fosse in cerca di originalità e innovazione: da questo punto di vista, i Blood Stain Child non fanno molto più che riproporre con diligente perizia una forumla coniata da altri già parecchi anni orsono. Tuttavia, mutando prospettiva, bisogna riconoscere che nelle loro mani la vecchia formula resta efficace, dannatamente efficace, e con ogni probabilità lo sarà ancor di più dal vivo. Così, chi fosse alla ricerca di una manciata di brani immediati e divertenti, suonati con perizia e su livelli sempre ampiamente positivi, vorrà probabilmente concedere una possibilità a questi ragazzi giapponesi. Magari non saranno loro a cambiare la storia, ma il loro dovere lo hanno assolto in pieno.

Tracklist:
01. Hyper Sonic
02. Truth
03. Finaly Sky
04. Live Inside
05. Ag2O
06. Embrace Me
07. Trial Spiral
08. Void
09. Type – N
10. True Blue (Luna Sea cover)

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