Recensione: III

Di Fabio Vellata - 6 Maggio 2006 - 0:00
III
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Anno: 2006
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80

Interessante ritorno per il chitarrista Aldo Giuntini ed il suo solo project, al terzo capitolo discografico in tredici anni ed ancora una volta, dopo il precedente “II” del 1996, nobilitato dalla presenza del grande Tony Martin in qualità di vocalist.

Le basi su cui il progetto si fonda sono essenzialmente immutate e si radicano in un corposo hard rock di buon equilibrio e godibilità, con partiture chitarristiche di prim’ordine, atmosfere dall’impatto diretto e sanguigno e robuste melodie che lasciano trasparire doti di intrattenimento qualitativamente più che accettabili.
I termini di paragone sono quelli consueti ed assodati da tempo: Ronnie James Dio, Rainbow, Black Sabbath, Deep Purple ed in generale tutto l’hard di estrazione prettamente settantiana, che ha proprio in Tony Martin brillante e credibile incarnazione, oltre ad un frontman di grande valore ed indiscusso talento.
La sostanza è quella di un cd che ha la forza della tradizione quale principale punto a proprio vantaggio; non si scorgono elementi di particolare originalità, quella che viene espressa è piuttosto una rivisitazione dei classici in modo per lo più fedele, dove la lezione risulta filtrata attraverso le indubbie qualità del gruppo di musicisti chiamati in causa ed un songwriting che non fa nulla per nascondere il proprio amore per un certo tipo di attitudine e scena musicale.

La partenza si fa da subito sostenuta con le up tempo “Gold Digger” e “Not Connected”, dove si evidenziano un chitarrismo arrembante, veloce ed incisivo, che ha nei Rainbow il punto di riferimento più calzante, oltre alla interpretazione di Martin, perfettamente a suo agio in un contesto quanto mai consono alle proprie doti.
Il livello qualitativo si impenna verso l’eccellenza con la terza traccia “Que Es La Vida”, una ballata elettrica di intensa drammaticità che rimanda a memoria le coordinate tracciate dai Black Sabbath di “Cross Purpose”, ove atmosfere sulfuree e magicamente sospese vengono esaltate da riffs potenti e cadenzati e dalla solita eccellente prestazione vocale.
Ancora Rainbow e Dio in “Early Warning”, qualche richiamo alle cadenzate trame dei Deep Purple in “Fools Paradise” e poi spazio al sorprendente strumentale “Tutmosis IV – Tarantula”. Giuntini stupisce per feeling e grande capacità comunicativa; il brano si annuncia con la magniloquenza di una colonna sonora da Kolossal, per poi snodarsi lungo un percorso costellato da guitar riffs ficcanti e corposi in una trama avvincente e dall’impatto assicurato: un piccolo gioiello di classe e tecnica.
Sorprende in seguito la presenza di una cover dei Black Sabbath intitolata “Anno Mundi (The Vision)”, tratta da TYR datato 1990; la scelta si rivela vincente, il brano si incastona alla perfezione amalgamandosi ottimamente con il resto del disco.
Giocando sul dualismo tra sprazzi veementi e parti dal profilo più ritmato, aspetto cardine di tutto il cd, si presentano poi le successive “Disfunctional Kids” e “Mourning Star”: veloce e diretta la prima, mid-tempo black sabbathiano la seconda con i soliti gustosissimi riffoni in bella evidenza, una voce che veleggia senza la minima incertezza ed una prova corale ad opera dei bravi Fulvio Gaslini al basso, Ezio Secomandi alla batteria e Dario Patti alle tastiere, sempre all’altezza della situazione.

Il lotto conclusivo dei brani ci offre infine la discreta “Trouble Just Keeps Going”, episodio che meno di altri risente dell’alone di epicità che ammanta il disco per raggiungere lidi più simili all’AOR (convincente sebbene la parte finale pecchi un po’ in ripetitività), la successiva “The Closest Thing To Heaven” ancora imperniata su atmosfere sulfuree e potenti (ottimo assolo), seguita quindi dal secondo strumentale del cd, “Memories In The Sand”, con una ulteriore prova di grande classe, gusto e tecnica da parte di Giuntini, chitarrista davvero di prim’ordine.
Il finale è riservato a “Tarot Warrior”, cavalcante brano a metà tra Rainbow per attitudine e Ronnie James Dio per interpretazione, che suggella in bello stile un dischetto piacevole e senza dubbio degno di plauso.

Nulla di originale o rivoluzionario, ma sicuramente più che interessante il ritorno del Giuntini Project; le canzoni scorrono piacevolmente, i musicisti si esprimono su livelli elevatissimi, i suoni sono ben curati (courtesy of Dario Mollo, altra vecchia conoscenza) e le sensazioni che se ne traggono non spiacciono affatto.
Chi ama i gruppi citati come termine di paragone, potrà indubbiamente prendere in considerazione questo cd senza temere particolari delusioni: la qualità espressa è sufficientemente alta da giustificarne tranquillamente l’acquisto!

Tracklist:

01. Gold Digger
02. Not Connected
03. Que Es La Vida
04. Early Warning
05. Fool Paradise
06. Tutmosis IV – Tarantula (instrumental)
07. Anno Mundi (The Vision)
08. Disfunctional Kid
09. Mourning Star
10. Trouble Just Keeps Coming
11. The Closest Thing To Heaven
12. Memories In The Sand (instrumental)
13. Tarot Warrior

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