Recensione: III

Di Fabio Vellata - 6 Novembre 2009 - 0:00
III
Band: Mastedon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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80

 

In un’epoca costellata di grandi come back – giunta al culmine in quest’ultimo biennio con i ritorni in scena di personalità musicali di spessore a volte vicino alla leggenda – un nuovo nome si aggiunge alla lista, accogliendo e soddisfacendo i desideri dei tantissimi amanti del rock melodico, pomposo ed elaborato che, quasi vent’anni fa, avevano identificato in una coppia d’album poi divenuti oggetti di culto, la summa definitiva ed assoluta di uno stile musicale.
Mastedon, il magniloquente side project dell’ex Kansas John Elefante, ha, infatti, finalmente un seguito, intitolato semplicemente “III”, pronto a rinverdire i fasti di un songwriting che aveva reso unici due capolavori come “It’s A Jungle Out There” e “Lofcaudio”, vertici definitivi di un genere talora inclassificabile come l’AOR d’ispirazione cristiana.

Accompagnato ancora una volta dall’inseparabile fratello Dino, il mainman della band si circonda nuovamente di grandi artisti grazie ai quali dare vita alla nuova opera. Kerry Livgren, principale compositore e chitarrista proprio dei Kansas, Dave Amato (REO Speedwagon), Anthony Sallee (Whiteheart) e Dan Needham (Michael McDonald, Neville Brothers, Amy Grant, Garth Brooks), sono i membri di una line up assemblata con cura, meno numerosa rispetto alle precedenti incarnazioni del progetto Mastedon, ma dall’affidabilità incontestabile e base sicura sulla quale erigere le classiche architetture tipiche di un suono ammantato di classe e dal profilo, al solito, di grande eleganza.

Per la prima volta, unico singer ad occuparsi del microfono in tutti i brani, Elefante libera la propria fantasia, ricollegandosi alla raffinata ricerca melodica dei predecessori che tanto ne avevano esaltato le pregevoli ed importanti abilità compositive. Il risultato si anima di uno stile che rimane inconfondibile e non tradisce – nei suoni – alcun tipo di variazione rispetto al sontuoso passato, ma che, nella struttura dei brani e nell’ampiezza delle atmosfere, riporta alcune differenze, con riferimento specifico ad un gusto per la forma “canzone” che appare probabilmente più vicino ai lavori in solitaria dell’artista italo-americano, laddove la pomposità e la magniloquenza che tanto avevano colpito, appaiono, in certa misura, meno manifesti e dilaganti.
Forse leggermente vittima delle aspettative, “Mastedon III” si rivela in tal modo un album brillante, assortito in ogni fondamentale e curato nei minimi dettagli, ma purtroppo a detta di chi scrive, non il capolavoro perentorio e privo di difetti che, ingenuamente, si sperava d’ascoltare.
Nulla per cui dirsi amareggiati s’intenda, ma l’idea comunque persistente di un capitolo che, pur pregno di tutta la classe e la grande maestria di mr. Elefante, non riesce ad avvicinarsi alla grandeur sconfinata delle pietre miliari di un tempo remoto – tanto irraggiungibili e forse proprio per questo, ormai divenute una sorta di mito – rimane immutata anche dopo un buon numero di attenti ed appassionati passaggi.

Nulla da eccepire sulla straordinaria bontà di tracce di fattura sopraffina come la blueseggiante e celestiale “Nowhere Without Your Love”, la spensierata “Questions”, la divertita “One Day By The Lake” e soprattutto “That’s What You Do”, episodi in cui realmente si percepisce l’atmosfera da “paradiso sulla terra” tanto cara all’immaginario connesso ai Mastedon, che da soli varrebbero l’acquisto del cd. Così come di buonissima fattura, ma più ordinari, i restanti pezzi presenti in tracklist, tutti dotati di spunti d’eccellenza e scintille di classe, mutuati da un songwriting  eccelso come sempre devoto alla miscela che chiama in causa Kansas, Styx, Yes, Asia e Toto.
È purtroppo il paragone con il pesantissimo passato, inevitabile ed incombente, a lasciare il segno.
I giochi al limite del prog delle strepitose “When It All Comes Down” e “Run To The Water” o la potenza di “Holiest One” dell’immenso “Lofcaudio” sono, infatti, caratteri destinati a rimanere termine di riferimento difficilmente eguagliabile, tanto da delineare il profilo di un disco vicino alle cose migliori ascoltate nella produzione solista di John Elefante. Vale a dire, ottimo, ma non in grado di trascendere la manifestazione artistica, per trasformarsi in mito e consegnarsi, come accaduto due decadi fa, alla storia definitiva del genere.

Un grande album ad ogni modo, decisamente sopra la media, che in più momenti saprà rapire l’ascoltatore per trascinarlo nell’ovattato mondo “bianco” del rock cristiano, consigliatissimo ad ogni appassionato e fan del rock melodico.

Ma, ahimè, difficilmente paragonabile alla perfetta grandezza dei due illustri e smisurati predecessori, divenuti ormai, dischi di una categoria a parte ed irraggiungibili anche per il loro stesso creatore.

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Tracklist:

01. Revolution Of Mind 4:04
02. Slay Your Demons 4:17
03. Nowhere Without Your Love 6:17
04. One Day Down By The Lake (See You Real Soon) 10:41
05. Water Into Wine (Fassa Rokka) 4:42
06. Questions (It’s About Time) 5:15
07. You Can’t Take Anything 4:33
08. Lying 5:32
09. The Western World 5:09
10. That’s What You Do 4:54
11. Dust In The Wind 4:09

Line Up:

John Elefante – Voce / Chitarra / Tastiere
Dino Elefante – Chitarre / Cori
Kerry Livgren – Chitarra
Dave Amato – Chitarra
Anthony Sallee – Basso
Dan Needham – Batteria
+
Tim Smith –  Basso su “Slay Your Demons”
Jr McNeely – Chitarra su “Questions”

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