Recensione: III

Di Stefano Burini - 9 Ottobre 2011 - 0:00
III
Band: Chickenfoot
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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78

Non foss’altro che per il pedigree dei personaggi coinvolti, chiunque mastichi un minimo di hard ‘n’ heavy dovrebbe quantomeno aver sentito parlare dei Chickenfoot, il nuovo supergruppo capitanato dai due ex Van Halen Sammy Hagar e Michael Anthony, rispettivamente voce e basso, e completato da altre due star d’eccezione, nientemeno che Joe Satriani, con Steve Vai, forse l’ultimo vero guitar hero, e Chad Smith, illustre batterista dei Red Hot Chili Peppers e ormai “adottato” da molti appassionati dell’hard rock, in virtù dell’ormai duraturo sodalizio con Glenn “The Voice” Hughes.

Da una line up del genere, se da un lato ci si aspettano, per forza di cose, numeri d’alta classe, dall’altro lato ci si dovrà con ogni probabilità attendere un lavoro di puro hard rock vecchia maniera, quindi grandi melodie, ritornelli orecchiabili e un rifferama molto diretto e tradizionale, (per la verità più anni ’70 che ’80). Il guitar work, contro ogni pronostico, almeno per chi legge il nome di Satriani in copertina e magari non ha ancora sentito il primo capitolo, è altrettanto asciutto: gli assolo non mancano, tuttavia chi si aspettasse di ritrovare tra i solchi di “III” il chitarrismo ipertecnico e straripante dei dischi solisti del Pelatone di Westbury, resterà probabilmente deluso. Meglio lasciar perdere le congetture e godersi un disco di hard rock ottimamente suonato, divertente e del tutto calato in un ottica di “omaggio & rivisitazione” dei canoni del vecchio rock melodico.

Le canzoni sono quasi tutte buone/ottime, si passa da quelle sfacciatamente revivalistiche come l’opener “Last Temptation” o la successiva “Alright Alright”, a metà tra Kiss e Van Halen, a pezzi che pur nella loro sostanziale semplicità, incorporano qualche elemento maggiormente caratterizzante, risultando alla fine le più gradevoli e durature. Di quest’ultima categoria fanno certamente parte “Different Devil”, una semi-ballata dallo spirito molto “stars & stripes” e con un refrain in stile Springsteen era “Human Touch”/”Lucky Town”, o ancora l’ottima “Come Closer”, con cui Hagar e soci esplorano territori affini al blues e al soul sulle tracce dei Rolling Stones periodo “Some Girls”.

Si fanno largamente apprezzare anche “Three And A Half Letter”, con la sua forse non troppo credibile, visti i conti in banca dei quattro rockers, ma comunque grintosissima denuncia nei confronti della crisi economica globale e la sinuosa “Up Next”: riff e strofe dalle marcate reminescenze hendrixiane e melodia tipicamente Van Hagar, condita da un assolo tutto effetti da parte di Satriani, mentre appare leggermente più “di mestiere”, per quanto efficace la funkeggiante “Bigfoot”, primo e per ora unico singolo estratto.

“Lighten Up” strizza l’occhio ai Whitesnake prima maniera, persino nel cantato ammiccante del Red Rocker, “Dubai Blues” è un divertente connubio tra ritmiche blues e melodie tipicamente hard rock, ma la vera perla, “Something Going Wrong”, è lasciata in chiusura: atmosfere blues, notturne e suadenti e con un che dello Zakk Wylde più intimista, un Sammy Hagar in grandissimo spolvero e una coda strumentale da mille e una notte.

In definitiva tra i punti a favore si devono annoverare il livello medio alto del songwriting (certo, se tutti i brani fossero sul livello di “Something Going Wrong”, staremmo parlando di un capolavoro, ma questa è un’altra storia), la prestazione stellare dell’ormai ultrasessantenne Sammy Hagar – grinta da vendere e una voce che non mostra segni di cedimento, neppure nei frangenti più tirati – e, last but not least, la preziosissima collaborazione di Michael Anthony nella creazione di armonie vocali di gran pregio.

Per ogni appassionato di hard rock che non abbia troppa voglia di perdere il proprio tempo nell’arrovellarsi la mente sull’influenza di questo album sulla storia della musica, si tratta senza troppi giri di parole di un must. Per tutti gli altri, “semplicemente” di un ellepì ben suonato che potrebbe aprire porte fino ad ora socchiuse, con vista su 2/3 decadi di vecchio, sano (hard) rock.

La versione riservata al mercato inglese contiene anche una bonus track, “No Change” in verità piuttosto opaca, nulla di imprescindibile e anzi, probabilmente sotto la media della tracklist; meglio concludere in pompa magna con la spettacolare “Something Going Wrong” e un bel sorriso a 32 denti che con una traccia molto ordinaria e priva di particolari impennate di genio.

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Tracklist:

01.Last Temptation
02. Alright, Alright
03. Different Devil
04. Up Next
05. Lighten Up
06. Come Closer
07. Three And A Half Letters
08. Big Foot
09. Dubai Blues
10. Something Going Wrong
11. No Change (Hidden Track)

Line up:

Sammy Hagar – Voce
Joe Satriani – Chitarra
Micheal Anthony – Basso e backing vocals
Chad Smith – Batteria

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