Recensione: Ill Innocence

Di Alessandro Calvi - 8 Marzo 2008 - 0:00
Ill Innocence
Band: Gallhammer
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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50

Il trio femminile giapponese delle Gallhammer nasce nel 2002, quando ancora nessuna delle componenti sa suonare uno strumento, questo perché tutte e tre prima militavano come vocalist in altre band. E’ quindi solo nel 2004 che la band comincia a fare musica. Il loro stile è pesantemente influenzato da band come Hellhammer e Celtic Frost, ma anche, soprattutto nel cantato, dalla precedente militanza della singer in una band grind-core. L’uscita, e il successo in patria, del loro primo album “Gloomy Lights” vale loro il contratto con Peaceville a cui fa seguito questo “Ill Innocence”.

L’album non parte nel migliore dei modi: “At the Onset of the Age of Despair” è una canzone lenta, funerea e decadente, frutto dell’ibridazione tra il black e il doom, ma soprattutto noiosa. Invece di conquistare l’ascoltatore e invogliarlo all’ascolto del disco finisce per tediarlo con le sue soluzioni ripetitive e ridondanti, oltre che già sentite. Anche il cantato, un pesante, incomprensibile e gorgogliante growl forse più in tono con una band come i Nile, risulta in questo caso fuori luogo. La successiva “Speed of Blood” aggiunge un po’ di ritmo a quanto fatto sentire finora e riesce inizialmente a riscattare in parte la prova del primo brano. Ben presto però ci si rende conto che la proposta è praticamente la stessa, solo suonata più veloce e questo fa nuovamente storcere il naso.
Niente di nuovo con “Blind My Eyes” il cui unico motivo di ricordo è il ritmo iniziale e la presenza della voce (tra l’altra abbastanza fastidiosa) di una bambina.
Per trovare qualcosa di minimamente interessante dobbiamo aspettare la settima “Song of Fall” con la sua lunga intro di chitarra acustica di oltre due minuti. Peccato solo che poi il brano evolva in un clone, più o meno identico, dei precedenti pezzi.
“Ashes World” parte bene come la precedente, questa volta presentando qualche passaggio di cantato in voce pulita. La scelta di adottare due stili, anche musicali, per accompagnare la voce pulita e quella in growl, sottofondo d’atmosfera per la prima, chitarre per la seconda, risulta in definitiva troppo forte. La canzone vive praticamente di due anime separate che sembran non avere nulla a che fare l’una con l’altra, probabilmente anche a causa di un lavoro non ottimale di arrangiamento.
È stancamente che il disco si trascina quindi attraverso la nona “Slog” e finalmente alla conclusiva “Last Scary Dream”. Sinceramente più di una volta viene la tentazione di interromperne prima l’ascolto.

Il trio femminile dei Gallhammer sforna un album con qualche nota interessante, purtroppo annegata in una proposta musicale quasi per nulla originale. Naturale quindi aspettarsi un miglioramento. L’impressione è che si sia puntato nella direzione sbagliata per questo secondo disco e che andrebbero valorizzati quegli elementi che in questo cd erano in secondo piano portandoli a trovare maggiore spazio in sede di songwriting.

Tracklist:
01 At the Onset of the Age of Despair
02 Speed of Blood
03 Blind My Eyes
04 Delirious Daydreamer
05 Ripper the Gloom
06 Killed by the Queen
07 Song of Fall
08 Ashes World
09 Slog
10 Last Scary Dream

Alex “Engash-Krul” Calvi

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