Recensione: Illusion of Transparency

Di Roberto Gelmi - 7 Maggio 2018 - 10:00
Illusion of Transparency
Band: Avelion
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2017
Nazione:
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80

Gli Avelion nascono a Parma nel 2008 e nel 2011 rilasciano un buon primo EP (Cold Embrace) che consente loro di esibirsi in sede live e aprire anche per band conosciute come i Seventh Wonder. Dopo un singolo e un secondo EP nel 2013 (che mostrano l’avvenuta maturazione stilistica del combo), tre anni fa i mastermind Oreste Giacomini (tastiera) e William Verderi (voce) hanno deciso, insieme agli altri membri del gruppo, di avvalersi del Domination Studio, santuario del mago del suono Simone Mularoni (DGM) per tagliare il traguardo del primo atteso full-length. L’artwork è spiazzante e resta impresso nella memoria: gli occhi di ghiaccio dell’impalpabile figura femminile ritratta si collega al tema centrale del platter, che vuol essere «an emotional journey through the fragility and strength of human nature» (un viaggio emozionale attraverso la fragilità e la tenacia della natura umana).
L’illusione della trasparenza delle cose che ci circondano consiste nel fatto che spesso fermandoci alla superficie dei referenti esterni non cogliamo più l’essenza che si cela al di là di essa. I testi, dunque, parlano di conflitti interpersonali, disumanizzazione, difficoltà d’inserimento nella società, il ruolo che i media e la Rete stanno avendo nel rendere la realtà evanescente e “liquida”. Temi attualissimi, un po’ inflazionati (il titolo dell’album potrebbe essere paragonato a uno degli Epica), ma l’intento etico va sempre omaggiato se foriero di risultati artistici più che buoni.
Il primo album della band parmense si compone di dieci brani dal minutaggio contenuto (3-4 minuti). L’opener “Fading Out” (già singolo apripista) è un ottimo biglietto da visita: si rivela un brano diretto, potente, con un refrain ipermelodico, bravura tecnica, dialoghi convincenti tra chitarra e tastiera, e inserti di voce femminile nel finale. Il sound è moderno e ruvido al punto giusto, a metà tra DGM e Kamelot, prog-power metal in piena regola. La voce di William Verderi è ancora protagonista in “Echoes And Fragrance” (ricorda a tratti quella di Davide Moras degli Elvenking), ma il brano è più cupo e tirato, con ritmiche thrash e qualche concessione djent. “Burst Inside” e “Derailed Trails Of Life” regalano altri buoni assoli e la presenza delle tastiere anche se on preponderante dà una marcia in più in fase di arrangiamento. A metà album troviamo Olaf Thorsen (Labyrinth, Vision Divine) in qualità di ospite in “Falling Down” (come già nell’uscita del 2013), pezzo che deve molto ai padri putativi Seventh Wonder: siamo su lidi prog, ma non mancano parti di doppia cassa e la pennata imbizzarrita di Olaf resta inconfondibile. Uno dei momenti più alti del platter. Le linee vocali melodiche di “Innocence Dies” e “Waste My Time” rendono piacevoli questi due pezzi e il loro accostamento a un guitarwork monolitico potenziano la proposta sonora dei nostri. Da segnalare nello specifico il refrain magnetico di “Waste My Time”, pezzo non perfetto, tuttavia, a causa di una sezione dark troppo disturbante e quasi giustapposta. Si finisce senza cali d’intensità, con un trittico di tutto rispetto. Malinconica e falotica “Open Your Eyes”, inizio futuristico per “Ain’t No Dawn” (e drumwork scatenato a tratti); epilogo senza sbavature e appropriato con “Never Wanted”.

C’è qualcosa di oscuramente fatato nel sound degli Avelion, che suonano metal potente e diretto (ma con una cura meticolosa dei dettagli) e portano a sintesi più i tanti influssi diversi di quello che ormai si può considerare un trentennio prog. e power metal. Illusion of Transparency è catchy al punto giusto, ma sa anche graffiare e, con la sua scaletta compatta, pur non priva di qualche ripetitività, convince e invoglia a riascoltare brani come “Fading Out”, “Falling Down” e “Waste My Time”. Per una band che finalmente arriva al primo full-length in carriera c’è di che essere orgogliosi.

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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80