Recensione: Immortals

Di Andrea Bacigalupo - 9 Gennaio 2017 - 9:00
Immortals
Band: Reverber
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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72

E’ un Thrash Metal incontaminato quello dei romani Reverber, band dalle idee chiare ed incisive che ben percorre le strade ad alta velocità costruite, oltre trentacinque anni fa, principalmente dai gruppi gravitanti intorno alla Bay Area quali Metallica, Testament ed Exodus.

Nati nel 2007 da un’idea di Marco “Mitraja” Serafini, Alessio Stazi e Luca Filipponi, pubblicato nel 2010 il demo “Serial Metal Killer” e dopo alcuni assestamenti nella propria formazione, i Reverber irrompono sul mercato il 19 marzo 2016 con “Immortals”, il loro nuovo album.

Come una potente sferzata carica di energia aggressiva il lavoro del combo capitolino spazza via le produzioni che, a partire dagli inizi degli anni ’90, hanno “imbastardito” il Thrash diluendolo con altri generi e privandolo, quasi, della sua vera essenza: la comunicazione della rabbia verso le cose che non vanno bene per mezzo della velocità e dell’impatto sonoro.

I Reverber vanno così a collocarsi tra quelle band, vecchie e nuove, famose e non, che hanno rinnovato le cosiddette sonorità Thrash Old-School, dando loro nuova linfa vitale per ripartire, con prepotenza, da dove tutto si era fermato, senza però cadere nella trappola del “già sentito” e del malinconico.

Immortals” è composto da nove tracce energiche, articolate ed estroverse, suonate con buona tecnica e precisione. Sul perno dell’aggressione sonora ruotano cambi di tempo repentini, riff introduttivi d’effetto ed aperture melodiche dal sapore evocativo e struggente, anche gli assoli s’integrano bene con il pezzo a cui appartengono, sia quando sono protagonisti assoluti sia quando duellano tra loro o con la martellante sezione ritmica.

Il dinamismo è uno degli elementi base del progetto Reverber, come evidenziano da subito l’opener “Immortal” e la successiva “The end of your life”; in “The shining” alla velocità sono affiancati tempi medi molto potenti ed incisivi, mentre le tonalità gravi ed oscure impreziosiscono le seguenti “Amnesia post murder “ e “Kamikaze”.

Si pone in evidenza “Justice is Dead”, un pezzo lento dal titolo più che mai attuale: strofe cantate con voce rassegnata sono sostenute da una melodia carica di una potenza intrinseca che si manifesta apertamente nel finale. L’ultima parte del disco è affidata alla veloce “Eighteen hundred”, che ha un buon riff di chiara matrice Heavy Metal, alla molto articolata e poliedrica “Cancrena”, brano strumentale da palco, ed alla conclusiva “Ride of the Heroes”, i cui toni classici e l’uso delle Twin Guitars riportano al vecchio Speed di un tempo, suonato da gruppi quali gli Helloween di “Walls of Jericho”.

L’album scorre via bene in poco più di cinquantuno minuti, riuscendo a trasmettere la giusta energia compressa nei solchi anche se non esente da qualche imprecisione e sbavatura, come la voce che, se pur molto interpretativa e carica della giusta rabbia che il genere richiede, sicuramente migliorerà di estensione nel prossimo full-length, o come il lavoro del basso che, in alcuni momenti, risulta poco evidente perché dietro il muro ritmico delle chitarre.

A parere dello scrivente, inoltre, anche se i Reverber hanno una propria identità, hanno confezionato l’album tenendo un po’ troppo ad esempio la sequenza delle tracce impostata nei primi lavori dei Metallica; d’altronde i “Four Horsemen” sono stati tra i capostipiti e la cosa può essere vista come una nota di rispetto per un’epoca che, per quanto emulabile, non potrà più ripetersi solo che per l’aria densa di esaltante novità che si respirava ad ogni uscita.

Dai toni foschi è la copertina: alla violenza delle armi da taglio, impugnate da braccia oscure che fuoriescono dal sottosuolo, fanno da sfondo i resti di un acquedotto romano, simbolo dello splendore del nostro antico passato, ora lasciato cadere in rovina.

Con “Immortals”, i Reverber danno un energico contributo al crescere della scena internazionale, che vede il Thrash Metal di nuovo in prima linea. Sarà un piacere tenerli sotto stretta osservazione aspettando la prossima uscita.

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