Recensione: Impact

Di Matteo Bovio - 24 Novembre 2003 - 0:00
Impact
Band: Harmony Dies
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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55

Tra le tante recenti uscite della Morbid Records non posso purtroppo considerare questo nuovo lavoro degli Harmony Dies come uno tra i migliori. Passati di recente sotto l’estremissima etichetta tedesca, il gruppo non ha certo approfittato al meglio di questa parziale uscita dall’underground, proponendosi con un lavoro che non rispecchia la personalità che un gruppo deve avere se vuole emergere in un genere chiuso come il brutal e la maturità che ci si aspetta terzo (spero di non sbagliare…) full-lenght. A dir la verità è abbastanza palese che i nostri non sono un gruppo di pivelli alle prime armi, ma in alcuni frangenti l’approssimatività con cui si approcciano lascia qualche dubbio.

Inutile ad esempio l’urlettino simil-power posto proprio in apertura del cd… segno di un mancato tentativo di fare ironia o di pessimo gusto? In qualunque caso non è certo il modo migliore con cui la band potesse inaugurare Impact. Proseguendo non capitano altri episodi simili, ma altre leggerezze o pecche pregiudicano la buona uscita del lavoro. Da dimenticare per esempio “Illfated”, una canzone che sembra veramente tirata in piedi tanto per fare, costruita con poche idee ben realizzate ma fini a sè stesse… proprio nel modo che il Brutal deve evitare se non vuole provocare una marea di sbadigli. Molto meglio invece “Toxicated”, ma in questi episodi siamo a livelli di personalità zero, con un’infatuazione evidente per i colleghi americani, Cannibal Corpse in primis.

Nulla da dire sull’esecuzione, sempre impeccabile e precisa, anche se ogni tanto oscurata dalla produzione; ma come è ben noto, il suono non è certo il punto forte dei prodotti della Morbid… Di tutto il gruppo l’unico a sfruttare a pieno le proprie doti rimane comunque il solo batterista; ad esempio, se da un lato troviamo una potenza vocale indiscutibile, dall’altro non c’è nessun tentativo di personalizzare il cantato o di spezzare un po’ i soliti schemi. Lo stesso dicasi per gli arrangiamenti di chitarra, che quando si discostano dal riffing cadono spesso in banalità. Da dimenticare (quasi alla stregua del già citato urletto…) il brevissimo stacchetto acustico nel bel mezzo di “Farewell”

Buttato sul lettore cd e lasciato scorrere, questo Impact tutto sommato passa e non fa danno… Ma così come non lascia nulla di particolarmente negativo, lascia ancora meno di buono. E se presi a piccole dosi possono anche in qualche frangente far drizzare le orecchie, alla lunga gli Harmony Dies con questo nuovo lavoro non sapranno certo intrattenervi più di tanto. Un album quasi impeccabile se ascoltato con parecchio distacco, ma destinato sinceramente a cadere nel più totale anonimato, a confondersi nel marasma dei gruppi Brutal, soprattutto in questi anni in cui il genere sembra essere tornato all’attenzione generale.

Se sapete accontentarvi di qualche bel riffone suonato bene, potete anche fare un tentativo. Ma quando dico che questo cd non porta con sè nulla di nuovo, intendo proprio nulla, dunque stia alla larga chi del classico Brutal è già saturo e se deve andare sul classico lo fa o con i veri classici, o con gruppi con un po’ più di stile…
Matteo Bovio

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