Recensione: In Our Hands

Di - 28 Maggio 2012 - 0:00
In Our Hands
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Anno: 2011
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61

Nessuna nuova, buona nuova!
Questo è quello che si potrebbe tranquillamente dire per la seconda fatica dei Solar Fragment che, con “In Our Hands”, continuano il viaggio intrapreso nel 2007 con “A Spark of Deity”. Il power metal proposto dai cinque ragazzi di Dortmund, affonda in quella matrice classica di stampo teutonico, propria di gruppi come Rage e Blind Guardian e proprio verso i bardi di Krefeld i nostri pagano il tributo maggiore.

Sia chiaro che i 10 brani di cui è composto questo lavoro scorrono via molto bene, grazie a una buona cura del songwriting, a chitarre armonizzate che macinano riff granitici, veloci e melodici supportati da un solido lavoro di basso e batteria come nella miglior tradizione power, ma, di certo l’originalità, non la fa da padrona. La potente voce di Robert Leger  risulta troppo simile, sia come impostazione, sia come timbrica, a quella di Hansi Kürsch, ospite nel brano “Inside the Circle”, che è essere anche il più bello dell’album, con un testo che ci riconduce alle vicissitudini di un giovane Anakin Skywalker, in procinto di diventare Darth Vader. In questo duetto le voci dei due cantanti sono praticamente identiche, se non fosse per l’espressività di Kürsch che permette al brano di decollare.
L’energia di certo è un elemento che non manca a questa band e lo si capisce già dalla canzone d’apertura “In Our Hands” che dà anche il via alla prima parte di un concept scritto completamente da Leger.
La storia non è incentrata sul solito scontro tra bene e male, ma piuttosto sulla ricerca da parte di un ragazzo, divenuto il portatore dello Spark (ultimo frammento di esistenza della divinità che ha creato il suo mondo), del modo di riattivare gli altri quattro frammenti che sembrano essere stati distrutti dagli uomini dello stesso re che aveva giurato di proteggerli, condannando il reame e tutti i suoi abitanti ad un’esistenza grigia e priva della luce e della bellezza che i cristalli donavano. Così inizia la sua avventura, salpando con una nave che gli permetterà di attraversare il “Grande Lago” per raggiungere i templi dove gli altri Spark sono custoditi e riportare la sua terra alla vita di prima.
“At the Harbor”, prologo di  “Race the Seas” e “Come Hell or High Water” sono i pezzi che fungono da colonna sonora per questo inizio di traversata, i cui punti di forza maggiore rimangono la potenza e la velocità d’esecuzione. Refrain coinvolgenti, ma nulla di più e in “Moana’s Return”, ancora una volta il richiamo a The Bard’s Song rimane piuttosto evidente, pur rimanendo una ballad gradevole.

In definitiva, “In Our Hands”, è un album che non aggiunge nulla di nuovo al panorama power, pur rispettando tutti i canoni del genere, cui però va aggiunta un’assoluta mancanza di personalità, cosa che sarebbe fondamentale sviluppare nel prossimo lavoro e che è la sola cosa che manca a questo gruppo: non si può continuare a essere la cover band dei Blind Guardian e tirare a campare, è tempo di scegliere la propria strada.

Luca Cardani

Tracklist:
1) In Our Hands
2) With Empty Eyes
3) Inside the Circle
4) At the Harbor
5) Race the Seas
6) Come Hell or High Water
7) Homecoming
8) Moana’s Return
9) The March of the Golems
10) Once Again

Line up:
Robert Leger – vocals
Manuel Wiegman – guitars
Marc Peters – guitars
Dominic Serwe – bass
Sasha Schiller – drums

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