Recensione: In The Garment Of Lust

Di Matteo Bovio - 9 Febbraio 2003 - 0:00
In The Garment Of Lust
Band: Perversity
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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65

La Slovacchia è nota come una delle terre più prolifiche per il brutal europeo, e questi Perversity ne sono l’ennesima conferma. E’ sinceramente difficile trovare termini per definire in maniera originale il loro suono, per il semplice fatto che nulla di nuovo è concentrato nelle 9 tracce del loro lavoro. Lo stile stesso non vuole essere un’innovazione, ma solo una rielaborazione degli stilemi europei uniti a quelli più classici americani. Vuoi per la mancanza di personalità, vuoi per la buona ma non impeccabile esecuzione, il cd si fa ascoltare più che volentieri, ma non esalta di certo.

Tecnicamente la prova è discreta, soprattutto per il cantante che mette in mostra una timbrica molto ben impostata anche se molto monocorde. Il drumming è molto spontaneo e penalizzato solo dalla registrazione d’impatto ma poco pulita. Tra tutti la miglior prova viene fornita dal bassista Martin K., in grado di costruire linee anomale e molto in risalto in tutti i brani. Esauriti questi particolari non rimane tantissimo d’altro da dire.

Quello che mi fa pensare in positivo per questa band sono alcuni dettagli che emergono durante l’ascolto, che ci fanno chiaramente capire come con un maggiore studio dei brani e più selettività i risultati potrebbero essere ben più soddisfacenti. Innanzitutto i già citati lavori di basso, seppur sempre evidenziati dalla produzione, non trovano mai spazio all’interno della composizione stessa per venir fuori. Ma anche molti passaggi classici non mancano di colpire, resi anonimi forse solo dal loro posizionamento in contesti non sempre esaltanti.

I Perversity non disdegnano in qualche occasione l’inserimento di sampler di violini, assolutamente non fuorvianti e con il semplice scopo di aggiungere qualcosa. Le parti sono piuttosto semplici e arricchiscono un suono che effettivamente in certi punti arranca. Dunque ben vengano se utilizzati con la moderazione che è stata propria di questo lavoro (si veda l’esempio in “The Terrifying Jewel Of Fear”). D’altronde trovo improbabile che un gruppo con questa impostazione decida tutto ad un tratto di variare definitivamente il proprio corso.

Quello che hanno raggiunto con In The Garment Of Lust al momento non è altro che un cd interessante e che si fa ascoltare volentieri, ma solo con una certa pazienza. Manca ancora qualcosa per poter raggiungere un livello tale da piacere anche a livello “elementare”. Nell’inizio della title-track abbiamo un buon esempio di quello che mi piacerebbe sentire più spesso, e non posso che augurarmi un ennesimo miglioramento in tale senso. Per poter emergere in una scena così ricca, soprattutto dovendo fronteggiare la vicina Repubblica Ceca, i Perversity hanno assolutamente bisogno di questa marcia in più; per ora un buon album per chi è in cerca di nomi nuovi ed alternativi ai soliti sempre citati…
Matteo Bovio

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