Recensione: In the Light Of Darkness

Di Alberto Fittarelli - 22 Maggio 2009 - 0:00
In the Light Of Darkness
Band: Unanimated
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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89

Lo scioglimento degli Unanimated era stato, nel 1996, una delle perdite più grosse per il panorama estremo, nella miriade di collassi di band che chiudevano un ciclo dopo la sbornia Swedish Death e la seguente ondata Black Metal; e la cosa peggiore, probabilmente, era che la maggior parte della gente addentro ai generi suddetti nemmeno se ne rendeva conto.
Richard Cabeza, mastermind del progetto e storico ex-bassista dei Dismember, si trasferiva negli USA, e la band decideva quindi di mollare, consegnando agli annali due album splendidi e personali come In the Forest of the Dreaming Dead e Ancient God of Evil.

Certo, il suono del gruppo era legato a doppio filo a quello dei ben più famosi Dissection (i primi, addirittura all’embrione chiamato Satanized, sino al debutto di The Somberlain), ma bisogna considerare che le due band avevano mosso i primi passi nel fertilissimo sottobosco svedese durante gli stessi giorni, con lo stesso feeling e le stesse influenze. Death metal, un vibe black e la giusta quantità di melodia heavy classica quindi nel loro sound, specialmente facendo seguito al decisamente più atmosferico album di debutto.

Ma come tutti i nostri incubi preferiti, anche gli Unanimated hanno deciso di tornare: e se lo fanno, diciamolo subito, non è certo per quei quattro soldi che le vendite di In the Light of Darkness posso raggranellare. Lo fanno solo e semplicemente per ispirazione, e per fortuna lo si sente chiaro nelle note di questo ritorno, una vera granata rimasta congelata, senza spoletta e in attesa di scoppiare, più di un decennio fa.

La voce di Micke Jansson, come sempre, si ricollega alla tradizione Grotesque di Tompa Lindberg, e così ovviamente anche a quella di Jon Nödtveidt: sostanzialmente uno screaming aspro, ma ancora ricollegabile alla tradizione swedish che li ha sempre fatti considerare (da loro stessi) un gruppo più death che black. I riff sono ricavati invece da entrambe le tradizioni musicali, che del resto loro stessi avevano contribuito a fondare: grande atmosfera, passaggi schiettamente black insieme a stoppate death, il tutto sorretto da una batteria pesante, potente e in primo piano. Non mancano i numerosi passaggi d’atmosfera grazie al suono di chitarre classiche che rimandano direttamente al folk scandinavo più cupo, come da tradizione: basta sentire la parte introduttiva di Enemy Of The Sun per farsi venire la pelle d’oca. E non mancano neppure i numerosi “hook”, gli ammiccamenti melodici utili a creare canzoni dal grandissimo carattere, come la splendida title-track, figlia della stessa linfa creativa che ha partorito capolavori come Where Dead Angels Lie, dei sopracitati Dissection.

A contraltare, l’aggressione pura di brani come Serpent’s Curse, The Endless Beyond o The Unconquered One, feroci senza mai perdere quell’atmosfera dark, spettrale che contraddistingue indelebilmente la loro musica. Un album che potrebbe tranquillamente essere una casa infestata, tanto normale da fuori quanto spaventosa una volta entrati.

Ancora una chitarra classica seppellisce definitivamente l’ascoltatore in una foresta nella chiusura da brividi di Strategia Luciferi, concludendo uno dei ritorni più attesi e più riusciti di sempre, per il metal estremo: il fischio del vento che accompagna l’outro (e che ricorre diverse volte lungo la tracklist) sembra voler dare un’anima dannata a In the Light of Darkness, ma a questo ci hanno già pensato loro. Incontratela, e sarete perduti per sempre.

Alberto Fittarelli

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Tracklist:

1. Ascend with the Stench of Death 01:49 
2. Retribution in Blood 06:43 
3. The Endless Beyond 05:50 
4. Diabolic Voices 04:52 
5. In the Light of Darkness 04:52 
6. The Unconquered One 03:36 
7. Enemy of the Sun 05:48 
8. Serpent’s Curse 04:44 [mp3]
9. Death to Life 05:22 
10. Strategia Luciferi 02:10

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