Recensione: In War And Pieces

Di Angelo D'Acunto - 25 Novembre 2010 - 0:00
In War And Pieces
Band: Sodom
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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85

“Quello che vi colpirà, o almeno spero, è la qualità di questi nuovi brani. A mio modo di vedere, In War And Pieces è il miglior disco che i Sodom abbiano mai scritto, siamo tutti molto contenti del sound del nuovo CD”. Queste le parole con cui Bernemann descrive, in maniera piuttosto semplice e diretta, il nuovo arrivato in casa Sodom. In War And Pieces è il tredicesimo sigillo messo a segno in quasi trent’anni di onorata carriera e arriva a circa quattro anni dall’ultimo e omonimo disco, ritardo dovuto soprattutto alle insistenti pressioni fatte dalla label SPV che, in un certo senso, hanno imposto alla band teutonica di concentrarsi prima di tutto sul materiale da pubblicare con la seconda parte del DVD Lords Of Depravity.

In War And Pieces è comunque un disco composto da una band che non si affida assolutamente al mestiere. Un disco che, in pratica, segue in un certo senso la scia del precedente e omonimo album, con un sound che si basa sì su partiture dure, dirette e thrash-oriented, ma che lascia anche spazio a buone dosi di melodia (riscontrabile soprattutto nelle parti di chitarra), più l’aggiunta, addirittura, di aperture più acustiche e qualche inserto di tastiera sparso qua e là. La differenza maggiore, già rispetto al disco precedente, sta soprattutto in una qualità dei brani che diviene ancora più elevata; pezzi valorizzati come si deve anche da una produzione moderna e pulitissima (come mai si era sentita su di un disco dei Sodom) affidata alle sapienti mani di Waldemar Sorychta (Grip Inc., Samael, Tiamat).
Parliamo più chiaramente: senza nulla da togliere ad una band che si è sempre espressa su alti livelli, il trovarsi di fronte ad un songwriting così fresco e ispirato, da una parte, c’è da dirlo, sorprende non poco. Nulla che fa gridare al miracolo, ci mancherebbe altro, e nemmeno un cambio di rotta improvviso: i Sodom rimangono sempre loro stessi, riuscendo comunque a tenersi al passo coi tempi, aggiungendo, in pratica, qualche piccola rifinitura ad un sound che rimane comunque fedele al passato.
La partenza affidata alla title-track (introdotta dai suoni di chitarra acustica) può tranquillamente riassumere i contenuti dell’intero disco: la base ritmica è sì rocciosa (grazie soprattutto al drumming martellante di Bobby), ma lascia anche spazio alle già citate venature “catchy” che ritroveremo sparse per l’intera tracklist. La successiva Hellfire è invece fedele al tipico sound dei Sodom, soprattutto per via della violenza spropositata, sprigionata soprattutto con le linee vocali di Tom, le quali, invece, non sono cambiate nemmeno di una virgola; il tutto viene però ben bilanciato con alcune parti melodiche che, in questo caso, ritroviamo nei soli di chitarra ad opera di Bernemann. Stesso discorso anche per le successive Through Toxic Veins, Nothing Counts More Than Blood e Storm Raging Up (tra gli highlight del disco), dove la potenza puramente più thrash-oriented viene continuamente alternata con “rallentamenti” verso ritmiche più ragionate e, come già ampiamente sottolineato, decisamente melodiche. Rallentamento che viene percepito soprattutto nella parte centrale del disco, dove Feigned Death Throes risulta essere addirittura epica nel suo incedere (da notare soprattutto la parte centrale), seguita dai mid-tempo ossessivi di Soul Contraband, mentre God Bless You e The Art Of Killing Poetry si affidano a soluzioni più moderne, senza comunque perdere troppo di vista le classiche coordinate stilistiche della band. Il finale è invece dedicato alle bordate di una Knarrenheinz violenta e ignorante al punto giusto, per poi lasciare spazio, nuovamente, alle soluzioni notevolmente più melodiche e ragionate della conclusiva Styptic Parasite.

Un disco che, in pratica, da una parte stupisce, dall’altra invece non può fare altre che dare ulteriori conferme. A stupire è la freschezza e la qualità di un songwriting che rimane su livelli nettamente alti, la conferma è quella invece di una band che, dopo circa trent’anni di onorata carriera, dimostra ancora una volta che non si è mai troppo vecchi per continuare a comporre e suonare la propria musica. Per concludere, tornando alle riflessioni di Bernemann poste in apertura: considerare In War And Pieces come il miglior disco composto dai Sodom è forse un po’ troppo azzardato, è invece più giusto affermare che, un album del genere, ha sicuramente tutte le carte in regola per non sfigurare di fronte ai capolavori del passato.

Angelo ‘KK’ D’Acunto

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Tracklist:

01 In War And Pieces
02 Hellfire
03 Through Toxic Veins
04 Nothing Counts More Than Blood
05 Storm Raging Up
06 Feigned Death Throes
07 Soul Contraband
08 God Bless You
09 The Art Of Killing Poetry
10 Knarrenheinz
11 Styptic Parasite

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