Recensione: In Your Face

Di Stefano Burini - 5 Dicembre 2007 - 0:00
In Your Face
Band: Kingdom Come
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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85

Dopo aver esordito con un album omonimo dalle fortissime connotazioni zeppeliniane che costò al gruppo accuse e derisioni da parte della critica musicale e di buona parte della scena hard dell’epoca (come dimenticare la traccia dall’inequivocabile titolo “Led Clones” proposta da Gary Moore su “After The War”?), i Kingdom Come si ripresentarono sul mercato nel 1989 con un nuovo lavoro intitolato ‘In Your Face’, il cui gradimento da parte di pubblico e critica purtroppo non si rivelò all’altezza delle attese, con il risultato che la band diventò a tutti gli effetti una creatura di Lenny Wolf, il quale, deluso dagli scarsi risultati commerciali, licenziò tutti i musicisti a parte se stesso e praticamente cantò e suonò quasi tutto sul successivo ‘Hands Of Time’, avvalendosi della collaborazione di artisti e session-man estranei alla band (tra i quali spicca il nome di Blues Saraceno, futuro chitarrista dei Poison su ’Crack A Smile’).

Nonostante l’ombra del “Dirigibile” continuasse a stagliarsi all’orizzonte, il sound dei KC, rispetto all’esordio, mostrava una certa evoluzione nella direzione di un hard n’ heavy potente e levigato, parimenti influenzato dal blues e dalle nuove tendenze dell’hard rock melodico anni ’80, in cui l’utilizzo di raffinate rifiniture di tastiera e la ricerca di melodie affascinanti e dal sapore talvolta vagamente psichedelico rivestivano, a maggior ragione, un posto di rilievo nell’economia di una band che aveva intuito la necessità di aggiornare la propria proposta e di mettere un po’ da parte quel troppo palese debito di ispirazione che affliggeva alcuni episodi del precedente album, in favore di una maggiore personalità.

Ognuno dei brani presenti nella tracklist arde di passione e di energia che traspaiono dalla grande cura posta sia in fase di composizione, sia di arrangiamento, dal guitar work torrido e ispiratissimo di Danny Stag e Rick Steier, sempre in funambolico equilibrio tra reminiscenze di “Pageiana” memoria e incursioni in territori più moderni e dall’abilità nel costruire giri ipnotici e strofe enfatiche che creano il giusto climax emozionale capace di culminare in una serie di refrain travolgenti da cantare a squarciagola.

I KC mettono in chiaro fin dall’inizio quanto appena descritto calando un poker d’assi che non concede attimi di tregua all’ascoltatore, in un susseguirsi di riff memorabili e trascinanti melodie costruite sull’ugola versatile e cangiante di Lenny Wolf, cantante di origine tedesca dal timbro acuto e sensuale, esattamente a metà strada tra Robert Plant e Geddy Lee e fornito di notevoli doti interpretative su tutte le tonalità, alla maniera del miglior Coverdale.
E’ il caso dell’opener “Do You Like It” o della successiva, esaltante, “Who Do You Love”, nelle quali più che mai la voce di Mr. Wolf si mostra in tutto il proprio splendore raggiungendo vette d’espressività assolutamente straordinarie, coniugando alla perfezione sensualità, classe e aggressività mentre non da meno, come detto precedentemente, risulta essere il lavoro degli strumentisti, grazie alla bravura delle chitarre sia in fase solista che ritmica e al sapiente uso di tastiere a impreziosire il tutto.

“The Wind” è un pezzo zeppeliniano fino al midollo: Lenny fa il verso in maniera sensazionale a Robert Plant, il riffing roccioso e le strofe rarefatte rimandano senza alcun timore reverenziale alla mitica “Kashmir” e lo spettacolare bridge centrale intorno ai 2 minuti e 30, animato da scariche di chitarra elettrica, vocalizzi lontani ed esasperati e ritmiche possenti è puro Whitesnake-Style.
Di nuovo, influenze del capolavoro del serpente bianco nelle eleganti tastiere della seguente “Gotta Go (Can’t Wage The War)”: atmosfera 100% “hair ‘n’ heavy”, grandi melodie e un tiro davvero micidiale, caratteristica costante di tutto il disco.
Da qui in avanti i KC introducono qualche ulteriore influenza nel loro sound: una slide guitar di derivazione country/southern introduce la successiva “Highway 6” che con il trascorrere dei secondi si rivela essere un hard n’ heavy piuttosto sostenuto sulle coordinate tracciate dagli House Of Lords di “Sahara”; la fiammeggiante “Perfect O” è dominata da vocals di scuola Plant/Coverdale e da un ottimo lavoro di basso sulle ritmiche oltre che da un prezioso retrogusto bluesy che ritroviamo anche nell’incipit della successiva “Just Like A Wild Rose”, lento dagli accenti zeppeliniani, che lascia liberi Stag e Steier di esprimere al meglio tecnica e feeling duettando con la voce calda e ammaliante di Wolf, dopo un breve ma intenso assolo di matrice hard blues.

Di nuovo grande hard rock in linea con i dettami dello stile tipico dei KC in “Overrated”, a seguire “Mean Dirty Joe” nella quale, tra gorgheggi psicotici e vorticose linee di chitarra, lo spettro del Dirigibile torna a farsi sotto minacciosamente e infine, in chiusura di tracklist, troviamo l’anthemica “Stargazer”, riuscitissima incursione in territori affini al Class Metal di casa Dokken in virtù di un abbondante uso di cori e tastiere e di un assolo che sarebbe certamente piaciuto a George Lynch.

In conclusione ‘In Your Face’ è certamente un album che non inventa nulla di nuovo e che non cerca di nascondere le evidenti influenze dei grandi maestri del passato, eppure la maestria con cui è stato composto e suonato, il gran numero di killer-tracks e non ultima la grandiosa prestazione di Lenny Wolf lo rendono altresì meritevole di un’adeguata riscoperta dopo anni di ingiusto oblio.

Stefano “Joey Federer” Burini

Tracklist:

01. Do You Like It
02. Who Do You Love
03. The Wind
04. Gotta Go (Can’t Wage A War)
05. Highway 6
06. Perfect ‘O’
07. Just Like A Wild Rose
08. Overrated
09. Mean Dirty Joe
10. Stargazer

Line Up:

Lenny Wolf – Voce / Chitarra
Danny Stag – Chitarra solista
Rick Steier – Chitarra / Tastiere
J.B. Frank – Basso / Tastiere
James Kottak – Batteria
 

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