Recensione: Incendium

Di Daniele D'Adamo - 1 Giugno 2013 - 7:00
Incendium
Band: Burial Vault
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Genere:
Anno: 2013
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65

 

Attivi dal 2006, i tedeschi Burial Vault hanno affilato le armi con due EP (“… There Is No Resort”, 2008; “Come To Grief”, 2009) e un full-length (“Ekpyrosis (Periodic Destruction)”, 2012), per giungere – come da loro stessi affermato – alla prima opera importante della loro carriera: “Incendium”.

Opera che si sviluppa con un concept unico ispirato a “Fahrenheit 451”, celebre romanzo di fantascienza di Ray Bradbury scritto nel 1953 a mo’ di estensione del racconto breve “The Fireman”, pubblicato nel 1951 sulla rivista Galaxy Science Fiction. Seguendo tale filo conduttore, “Incendium” presenta una suddivisione delle tredici canzoni in quattro capitoli, necessari per approfondire, per l’appunto, la metamorfosi di un uomo costretto a proiettarsi in un futuro aspro e difficile per la musica ma anche per i temi in essa affrontati.    

L’album, registrato presso i Soundlodge Studios da Jorg Uken (God Dethroned, Dew-Scented, Defeated Sanity) con artwork a cura di Ben Borucki (Agathodaimon, Suicide Silence), basa le proprie fondamenta su un melodic death metal – non di derivazione scandinava – piuttosto ordinario, sul quale sono state innestate delle evidenti propaggini di black, thrash e prog. Tali da segnare a fondo lo stile caratteristico della band teutonica senza stravolgere gli stilemi essenziali di un death metal melodico tanto ortodosso quanto ricco di movimento. Oltre al growling rabbioso e soffuso di Raimund Ennenga e ai fini arabeschi disegnati dalle chitarre di Tobias Schaub e Alexander Petri, infatti, nel viaggio fra “The Stench Of Burning Thoughts” e “Black Into White” si trova davvero di tutto. Dolci passaggi acustici, riff quadrati e serrati, esplosioni di blast-beats, pesanti rallentamenti, screaming scellerati, cleaning vocals, intermezzi ambient e strumentali, ripetuti cambi di tempo e, soprattutto, la volontà di estendere indefinitamente tutto quanto sopra in tutte le dimensioni – compresa quella temporale – per dare più ampio respiro possibile ai contenuti racchiusi in quasi un’ora di musica.  

Si tratta pertanto di un approccio al death senza dubbio ambizioso, encomiabile nella sua determinazione di voler dare in pasto al pubblico un disco tanto evoluto e complesso quanto orecchiabile e accessibile ai più. Queste due peculiarità, essendo in sostanziale antitesi fra loro, determinano una sorta di discrimine fra le band che riescono a definire un tale difficile amalgama, fra quelle che non ci riescono e quelle che… ci riescono a metà. I Burial Vault, è ormai facile supporlo, rientrano in quest’ultima categoria. Sembra, difatti, che il loro attributo fondante sia quello di essere ‘mediamente bravi’. A un’ottima preparazione tecnica, tale da modellare il platter senza né sbavature né incertezze, non corrisponde – difatti – un analogo talento compositivo.

Seppure, come più su scritto, il loro stile sia abbastanza consolidato, le continue incursioni nei territori extra-death portano a sfilacciare un po’ le trame del tappeto sonoro, non rendendolo così compatto come dovrebbe essere. Per semplificare il concetto, in certi momenti (anche numericamente contenuti) pare di esser davanti a un lavoro ora di death, ora di black, ora di prog. Oltre a questo, fatto sicuramente più deleterio, mancano i momenti assolutamente coinvolgenti che, a un primo approccio, ci si aspetterebbe di trovare. È come se ci fosse una lunga attesa per quel ‘colpo del ko’ che non arriva mai, la cui energia vitale si disperde evidentemente lungo un percorso oltremodo lungo e ramificato.    

Nel suo complesso “Incendium” non è da buttare via dalla finestra: alcuni brani sono degni di menzione per qualche melodia azzeccata, come l’opener e “Moment Of Truth”, ma è troppo poco per rendere il lavoro interessante a tutto tondo. I Burial Vault, almeno stavolta, hanno fatto il passo più lungo della loro gamba. Riprovare.    

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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