Recensione: Incubus – Chapter Seven

Di Gaetano Loffredo - 11 Marzo 2008 - 0:00
Incubus – Chapter Seven
Band: Metalium
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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72

Eccolo qua: il settimo sigillo.

I Metalium non mostrano segni di stanchezza e tornano a martellare i timpani a ritmo di power-heavy dai connotati espressamente tellurici, partendo proprio dai titoli stringati, combattivi, fino alla musica battagliera che li contraddistingue da oramai un paio di lustri.
Chapter Seven: Incubus” si riallaccia all’ultimo successo, Nothing To Undo, capitolo che avevamo legittimamente decantato attraverso l’apposita recensione, album che indica la strada più corta per raggiungere il massimo risultato con gli ingredienti a disposizione: buone idee, dedizione e… un grande, grandissimo cantante.

Proprio così, Henning Basse è la forza e la resistenza di questa formazione, un cardine senza il quale difficilmente (e uso il condizionale in mancanza di controprova) un gruppo come i Metalium avrebbe raggiunto determinati traguardi, una voce che si rispecchia nel sound gagliardo che, finalmente, da un paio di dischi incamera un alto coefficiente di interesse, grazie ad un livello compositivo quantomeno adeguato.
I sostenitori avranno di che gioire, i detrattori resteranno tali: non ci sono e non ci saranno sostanziali innovazioni alla base del sound. 

Con Incubus, come accennato, i ragazzi di Amburgo non cambiano il senso di un operato che li avvicina sempre di più ad corazzata come i Primal Fear (l’esperienza conta eccome); basta abbandonarsi ad un brano  feroce come Resurrection per accorgersene: Michael Ehre picchia duro come Randy Black, Henning Basse è senza dubbio all’altezza di Ralf Scheepers.
Il disco prosegue imperterrito attraverso le bordate metalliche di Gates e di Take Me Higher (ma quanto sale Henning?), ma il fiore all’occhiello è la sesta Never Die, concentrato di potenza e di melodia a testimonianza del momento di grande forma che sta attraversando il gruppo tedesco.
Non ci sono situazioni di stanca, e si volge fino alla conclusiva Hellfire con un solo pensiero: ripartire immediatamente dalla introduzione intitolata Trust.

Bene, bravi, bis. Non stiamo parlando di un disco che farà la storia del genere, come tutti quelli griffati Metalium del resto, ma ci vogliamo accontentare di un prodotto dalle indiscusse qualità che fa intravedere, se non altro, ulteriori margini di miglioramento.
La formula è più che mai rodata; con un pizzico di intelligenza e il giusto equilibrio i Metalium hanno superato quella che, nonostante il raggiungimento di una quota di tutto rispetto, qualificherei come “prova di maturità”.

Avanti con l’ottavo proiettile.

Gaetano Loffredo
 

Tracklist:
01.Trust
02.Resurrection
03.Gates
04.Incubus
05.Take Me Higher
06.Never Die
07.At Armageddon
08.Sanity
09.Meet Your Maker
10.Hellfire

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