Recensione: Infallible

Di Vittorio Sabelli - 28 Marzo 2014 - 14:38
Infallible
Band: Fisthammer
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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85

America, da sempre terra (insieme alla penisola scandinava) del ‘metallo di morte’.

E la sua tradizione si è tramandata come di padre in figlio, di band in band e di posto in posto, contagiando tutto il continente e il mondo intero. Dalla patria natìa continuano a spuntare act che si cimentano con grande devozione e passione, non sempre ottenendo il giusto riconoscimento per gli sforzi prodotti. Saltando in Pennsylvania, e precisamente a Philadelphia andiamo a far conoscenza dei Fisthammer, band nata nel 2008 dalla mente brillante di Max Svalgard, voce e chitarra, capace di mettere a ferro e fuoco la nostra psiche, in maniera alquanto inaspettata. La band si ripresenta con il secondo full-length “Infallible”, dopo che il debut-album ”Devour All You See” del 2012 non aveva lasciato grandi tracce nel panorama della musica estrema. Cosa che a mio avviso non accadrà con il nuovo disco, basato su un moderno death metal, che lascia aperture prog e technical, e assemblato in maniera scrupolosa e micidiale.

“Arithmos Tou Theriou” mette in chiaro le cose sin dalle prime battute: il trio non scherza, anzi, tutt’altro! Si mette al servizio della musica che si dimena tra le melodie chitarristiche e la voce pazzesca di Svalgard, che insieme ai cambi di tempo e le ritmiche serrate e dispari sono una presentazione con i fiocchi. I quattro colpi di rullante danno il via a “Evoking The Wrath Of The Reven”, che vede la sei corde impegnata in un riff accattivante alternato a sweep’n’picking e armonici, che lascia sbalorditi per la sua freschezza sonora. 

Ancora una breve intro di batteria dà il via a “Temple Of Poseidon”, brano che continua il discorso del precedente, con l’aggiunta di un solo di chitarra al fulmicotone. La band è sempre più convincente ad ogni secondo che passa, e non possiamo che goderci appieno il resto del disco, che finora non dà segni di cedimento, anzi, incuriosisce sempre di più. “Automation Of Flesh” inizia a catapultarci nel mondo prog e tecnica death metal insito nel percorso degli Fisthammer, in cui la presenza di Svalgard è di vitale importanza, considerata la mole di lavoro che si sobbarca (in maniera eccelsa) sia come chitarrista che come vocalist. Le sezioni del brano sono devastanti, così come il sound della band che si rivela una grandiosa scoperta.

Il riff armonizzato iniziale di “Doom Of The Gods Part 2: Nidho” sembra riportare i Nostri in terra, ma basta arrivare alla seconda strofa per capire che è solo una scelta passeggera, visto che il proseguo è un continuo martellare, in cui batteria e chitarra sono in simbiosi su riff killer. L’intro medium di “Dismal Inveracity” anticipa il vero e proprio scopo del brano, non lasciare punti di riferimento! Tutto si snoda tra sezioni e tempi dispari in cui emergono la parte vocale, ben architettata, e le chitarre, sempre in prima linea a dar fuoco con riff micidiali. Sembra di trovarsi di fronte la naturalezza di un John Gallagher, i cui riff ‘girano’ in maniera esemplare nella sua creatura malvagia.

“Interlude” altri non è che un piccolo attimo di riposo in cui le chitarre acustiche e una elettrica fanno da sottofondo alla breve tregua, che presto finisce sotto i colpi di “The Coven”, che riprende a sotterrare chiunque non sia corazzato per questo attacco da parte di questa band sconosciuta (almeno al sottoscritto). Le parti vocali si alternano tra screming e growl e i tempi dispari della sezione medium-slow anticipano degli stacchi arricchiti da piccole variazioni ‘batteristiche’ al loro interno. Preludio al finale in cui un riff ‘storto’ mette in moto la macchina infernale chiamata Danny Piselli per chiudere in fader.

“Thousand Yard Stare” si snoda tra polirtmi pazzeschi tra voce e riff, che però non perdono per un attimo la strada maestra, grazie al timing perfetto sempre di Piselli, che si concede variazioni ritmiche e timbriche nelle varie sezioni, comprese le chitarre armonizzate in modo eccelso, che mettono sempre più in risalto le capacità balistiche della sei corde. “Conjuration Of The Fire God” racchiude nei suoi sei minuti quello ascoltato in precedenza, una giusta chiusura che spazia tra prog, technical e cambi di tempo, che vedono la chitarra esprimersi in un solo esotico espressivo, farcito di virtuosismo si, ma non fine a sé stesso.

Spero che tutti gli amanti della musica si avvicinino ai Fisthammer, che con Infallible a tutti gli effetti non sbagliano un colpo, grazie a una preparazione tecnica eccelsa, un songwriting superbo e un sound globale che esprime al meglio le caratteristiche della band.

Disco eccelso, tra i migliori (finora) del 2014!

Vittorio “versus” Sabelli
 

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