Recensione: Infinity Ends

Di Mauro Gelsomini - 21 Febbraio 2004 - 0:00
Infinity Ends
Band: Blind Alley
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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60

Condotti dal polistrumentista Magnus Olsson, che forse qualcuno conoscerà per la sua firma su “Turning Point”, LP del 1991 dei mitici Fortune, gli svedesi Blind Alley giungono al loro secondo album dopo il debut intitolato “On The Way”, dal quale ripropongono su questa nuova release due bonus track (le ultime due tracce).
Olsson si avvale di due singer sconosciuti, il primo dei quali, Hans Dimerg, canta 7 degli 11 brani del platter mentre gli altri quattro sono spartiti equamente tra il secondo, Pierre Glans, e lo stesso Magnus.
La proposta è ovviamente un puro aor di scuola svedese, cristallino ai limiti della sopportazione, in grado di riportare in auge i fasti di band come Europe o The Storm o ancora i già citati Fortune.
Purtroppo l’eccessiva pulizia sonora indebolisce dei pezzi non sempre trascinanti: complice anche la voce di Dimerg, non in grado di dare il giusto mordente, il sottoscritto ha trovato stucchevoli molti refrain, annotando lacune soprattutto nella mancanza di dinamismo di canzoni quasi sempre improntate su mid-tempo. Vero è che ritmicamente il mid-tempo è la soluzione ideale per le armoniose melodie vocali dell’aor di scuola americana/svedese, ma questi ritornelli faticano a decollare non certo per la qualità delle linee.
Forse avrei preferito dei suoni più pomposi, ad iniziare dalle percussioni, la cui leggerezza mi ha fatto rimpiangere i migliori Aviator. Le chitarre non ruggiscono come dovrebbero, e anche quando al microfono si avvicenda Glans, la sostanza non cambia, a dimostrazione del fatto che una produzione così soft non fa che appiattire il suono nella sua globalità.
Devo citare, tra le cose buone di questo CD, la bellissima “S.O.S.”, le cui tastiere spudoratamente anni ’80 sono il degno tappeno di un chorus che è già una hit, tanto che non escluderei di averla già sentita in radio. Altra perla, la conclusiva “Wild Rose”, e anche qui l’influenza dei classici è tutt’altro che  coincidenza: stavolta tocca a Gary Moore, e il suo folk irlandese di “Over The Hills And Far Away”.
Il dubbio che mi è sovvenuto riguarda il fatto che Magnus Olsson più che aver qualcosa da dire, in fatto di musica, abbia voluto semplicemente esternare così il suo amore per questo genere, nonostante la sfortunata – guarda caso – parentesi Fortune. Nostalgico.

  1. All Figured Out
  2. We Srill Belong
  3. One Life
  4. S.O.S.
  5. Shadow From My Heart
  6. Here Comes The Heartache
  7. From Now On
  8. Hunter
  9. Stay The Night
  10. Payback Time
  11. Wild Rose
  12. Internal Affairs (bonus track)
  13. In Your Hand (bonus track)

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