Recensione: Instict

Di Matteo Lavazza - 29 Settembre 2003 - 0:00
Instict
Band: Victory
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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80

Ritornano sulle scene gli storici Rockers tedeschi Victory, e lo fanno con la formazione storica Huhn-Newton-Frank-Knorn-Randow, cioè la line up dei tempi d’oro della band.
L’album del loro ritorno è proprio questo “Instict”, un disco che fin dall’opener “Running Scared” mette in mostra una band in gran spolvero dal punto di vista compositivo. Riff molto “metalleggianti” sono la base di questa canzone, che forse non è il pezzo più originale che si sia mai sentito, ma che riesce ad essere estremamente trascinante grazie alla classe dei musicisti e soprattutto alla voce di Charlie Huhn, che sembra davvero non risentire degli anni che passano.
Tutto il disco è un susseguirsi di veri e propri Rock ‘n Roll anthem, da “Another Notch in the Bedpost”, dal flovour molto Ac/Dc e con una gran prestazione del duo Tommy Newton-Herman Frank alle chitarre, sia sotto il punto di vista tecnico che come feeling, “Victorias Secrets”, tipica rock ‘n roll song dalle forti melodie e con un altra prestazione di Huhn da urlo, “Nomads of the Night” dove ancora una volta i Victory usano tutta la loro grande esperienza per tirare fuori un pezzo davvero splendido per arrangiamenti e melodie, la title track “Instict”, altra canzone apparentemente semplice ma suonata ed arrangiata ancora una volta in maniera praticamente perfetta, fino alla conclusiva “Songs of Victory”, praticamente una summa di tutte quelle che sono le caratteristiche del disco.
Gli unici due brani che non mi hanno convinto del tutto di questo “Instict” sono la “moderna” “Plastic Hero”, che mi ha per certi versi le sonorità di “Subhuman Race” degli Skid Row, ma che risulta secondo me fuori luogo in un album del genere e “Starman”, che mi appare poco ispirata e poco incisiva, ma il suo difetto principale è che passa del tutto inosservata.
I suoni sono davvero ottimi, riescono nel difficile compito di far apprezzare appieno tutte le finezze stilistiche che i Victory hanno messo nelle loro canzoni, ma d’altronde la produzione è affidata ai due chitarristi della band, affermati producer per band del calibro di Lynyrd Skynyrd o Helloween.
Tecnicamente la band è indiscutibile, tutti e cinque i musicisti sono di altissimo livello e riescono a far sembrare apparentemente semplici anche parti decisamente complicate dal punto di vista tecnico.
Quello che davvero stupisce di questo album è la sincerità che trasuda ogni nota, sentendolo si capisce chiaramente che la band sta suonando prima di tutto col cuore e la passione che riesce a trasmettere tramite le canzoni è davvero tanta.

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