Recensione: Interceptor

Di Francesco Maraglino - 20 Novembre 2013 - 6:00
Interceptor
Band: Mad Max
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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71

Tra gli alfieri dell’hard rock degli anni Ottanta, i Mad Max dell’axeman Jürgen Breforth e del vocalist e chitarrista Michael Voss (anche con i Casanova) non hanno forse raggiunto il livello di consenso di Scorpions e Bonfire, ma hanno sempre continuato incrollabili a muoversi con sicurezza e perseveranza negli ambiti underground dell’hard rock melodico europeo, fornendo sempre garanzie di coerenza stilistica e qualità in nessun caso sotto la sufficienza a chi ama il loro genere musicale.
Autori nella seconda metà degli Eighties, comunque, di un paio di autentiche zampate da leoni di razza di un hard rock non troppo distante dall’AOR (stiamo parlando di Stormchild e Night of Passion), i musicisti tedeschi – ancora attivi oggi nella formazione originale –  assicurano con continuità e vigore all’ascoltatore il perpetrarsi del loro sound, vicino ai citati conterranei, ma pure ai Dokken ed ai Bon Jovi.
Ecco arrivare puntuale, dunque, a distanza di un anno da Another Night of Passion, il nuovo lavoro dei Mad Max, il cui titolo, “Interceptor”, e la cui cover, ad opera di Thomas Ewerhard (già all’opera pure con Edguy ed Avantasia), s’ ispirano alle atmosfere del film con Mel Gibson dal quale la band ha preso il nome.

Il nuovo full-length si pone senza particolari sorprese nell’ambito delle coordinate stilistiche della band, la quale dà, in questa circostanza, il meglio di sé in brani come Godzilla, rocker movimentato e arricchito da frequenti cambi di ritmo, in un alternarsi di rallentamenti ed accelerazioni, nonché da riff conficcanti ed accattivanti e dal canto come sempre persuasivo; la canzone è ispirata, insieme a Streets of Tokyo, alle sensazioni scaturite in Michael Voss durante il tour in Giappone assieme al Michael Schenker Group. Ancora, il four-piece si esprime al massimo delle proprie capacità artistiche in Show No Mercy, un hard rock, contrariamente alla traccia prima citata, nervoso e teso, (si tratta di una versione aggiornata e più “chitarrosa” di una bonus track da Night of Passion), il quale esprime il punto di vista dei Nativi Americani sul massacro di Wounded Knee.
Altri momenti di piacevole sollucchero per gli appassionati del “melodico all’europea”, sono le svelte, propizianti ed orecchiabili Rock All Your Life e Bring On The Night, nonché la corale Revolution, decorata da spunti gospel e condotta all’assalto dell’ascoltatore e puntellata da riff saettanti delle sei-corde.
Più difficile essere avvinti fino in fondo dalle pur gradevoli Sons Of Anarchy, Streets Of Tokyo e Turn It Down (cover degli Sweet), portatrici di un fin troppo canonico hard rock squadrato “alla tedesca”. Lo stesso dicasi per l’eccessivamente manieristica – seppur gradevole – ballata Five Minute Warning, collocabile da qualche parte tra Scorpions, Europe e Bon Jovi, o, ancora, per l’opener Save Me, midtempo euro-rock con sprazzi di derivazione Bon Jovi.

Sia chiaro: anche in occasione di questo Interceptor i Mad Max hanno fatto egregiamente il proprio dovere di band. La voce di Voss è, infatti, sempre flessibile ed espressiva, le asce ruggiscono e trafiggono come si deve, la sezione ritmica non sbaglia un colpo, ed il lavoro, nel complesso, si aggiudica una promozione piena. Si sente la mancanza, però, in qualche momento del full-length, di quella favilla d’emozione e d’originalità che fa la differenza tra un onesto lavoro di routine ed un’ opera destinata a svettare nelle playlist di critici ed appassionati.

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