Recensione: Into The Grave

Di Corrado Penasso - 10 Febbraio 2008 - 0:00
Into The Grave
Band: Grave
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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88

La storia di uno dei gruppi più importanti che il death metal svedese abbia mai partorito inizia nel 1986 sotto il nome di Corpse. Questa band già allora, con la demo “Black Dawn” (1986), proponeva un death metal molto crudo, ispirato alla nascente scena statunitense. Nel 1988 si sciolsero, creando una nuova, bestiale, creatura che rispondeva al nome di Grave. I componenti del gruppo erano sempre gli stessi ragazzi che si conobbero al liceo nel 1986: Jorgen Sandstom (voce, chitarra,basso), Ola Lindgren (chitarra) e Jensa Paulsson (batteria).

Ispirandosi al gruppo death più conosciuto in Svezia in quel periodo, ovvero i Nihilist, i Grave cominciarono a suonare una sorta death metal ancora fortemente debitore della scena americana, ma già incredibilmente originale. Le chitarre a “zanzarone” e il tipico growl sarebbero diventati un trademark tra le nascenti realtà svedesi. Per citane alcune: Entombed, Dismember, Unleashed (tutti e tre nati dalle ceneri dei Nihilist) e i semisconosciuti ma importantissimi Carnage. Dopo diversi demo che già facevano intravedere grandi qualità musicali e una grande ferocia, i Nostri arrivarono al sospirato debutto nel 1991.

Toccò alla Century Media produrre il loro debut che ancora oggi è salutato al pari di “Left Hand Path”, “Like An Everflowing Strem” e “Dark Recollections”, come una pietra miliare del vero death svedese. La violenza espressa dal gruppo non ha pari in quel periodo in Svezia. Se fin dall’inizio gli Entombed possedevano già quel groove che li avrebbe contraddistinti maggiormente in futuro, i Grave non conoscono alcuna forma di “concessione”. Quindi eccoci qua, pronti ad essere investiti da una bordata di sano death. Le danze si aprono con “Deformed”, una vera e propria mazzata, ancora oggi in pianta stabile nella scaletta live del gruppo. Gli up tempos si alternato perfettamente con parti più cadenzate ed estremamente marce.

I suoni di chitarra e batteria sono estremamente “low tuned” e cattivi. La produzione, pur essendo underground, non penalizza nessun strumento ma, anzi, dona una potenza incredibile ad un gruppo che fa del puro assalto il suo cavallo di battaglia. Con “For Your God” arrivano i primi blast beats che mi fanno tornare in mente i mitici Repulsion.

In verità, tutte le prime death metal bands dalla Svezia furono molto debitrici al gore-grind d’allora. Il suono di basso e chitarra ne è un esempio. “Hating Life” è un vero e proprio classico, con un grande refrain. “Extremely Rotten Flesh” inizia con un marcio mid tempo per poi sfociare una mazzata allucinante e la title track è veramente coinvolgente e oscura. Alcuni synth contribuiscono a creare un’atmosfera ancora più tenebrosa per poi volgere nuovamente in pura violenza.

Un lavoro di incredibile violenza. Qui i Grave danno il loro meglio a mio parere, in un genere che in quegli anni stava vivendo il suo periodo di massimo splendore. Con il seguente, altrettanto bello, “…You’ll Never See” i ritmi si faranno un po’ più cadenzati, meno morbosi e man mano la band diventerà sempre meno ispirata e violenta. Resta il fatto che un lavoro così oramai appartiene alla storia; quindi diamogli il giusto riconoscimento.

Corrado Penasso  

Tracklist:  

1. Deformed 04:07 
2. In Love 03:36 
3. For Your God 03:46 
4. Obscure Infinity 03:08
5. Hating Life 03:02 
6. Into the Grave 04:08 
7. Extremely Rotten Flesh 04:35 
8. Haunted 03:38 
9. Day of Mourning 03:35 
10. Inhuman 03:52 
11. Banished to Live 04:50

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