Recensione: Introspective Contemplation of the Microcosmus [EP]

Di Daniele D'Adamo - 6 Luglio 2016 - 19:28
Introspective Contemplation of the Microcosmus [EP]
Band: Hadit
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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80

Fulgŭrātŏr, latino. Folgoratore, italiano. Giove, il Folgoratore. Colui che per antonomasia folgorava, produceva folgori, fulmini, saette.

Fulgŭrātŏr. Empio drummer che, assieme allo scellerato XN alla voce e all’ascia, genera l’indescrivibile duo che risponde al nome di Hadit. Raw black metal. Italiano. Forse, più attinente: infernale, magmatico, lavico. Fulgŭrātŏr e XN: i dannati protagonisti dell’EP “Introspective Contemplation of the Microcosmus”, produzione ufficiale per la Terror From Hell Records che segue a distanza di tre anni il demo “Creating a Kult”. 

“Introspective Contemplation of the Microcosmus”, seppur composto di quattro song per una durata di venticinque minuti, è talmente denso di follia scardinatrice che manifesta in sé una completezza formale e sostanziale rara, per un’opera che non sia un full-length. Lo spaventoso rombo dell’opener Occult Whispers Declare the Impending Apocalypse’, spaventoso, agghiacciante assalto dall’intensità bellica assoluta, fa da preludio alla una discesa vorticosa nella dannazione.

A precipizio fra le pareti vulcaniche, percorse al contrario per penetrare quanto più celermente possibile nelle viscere della Terra, ove la temperatura ambientale diverge verso quantità di calore impossibili. In tale stato, gli Hadit de-molecolarizzano la struttura della propria musica, adattandola al plasma delle altissime temperature. Atomi, molecole e singole particelle sfuggite all’interazione debole vagano apparentemente in modo caotico fra le note del grezzo, minimale, arcaico raw black metal che, come una fioca, rossa luce nelle tenebre, guida costantemente gli Hadit nel vertiginoso precipizio che conduce, implacabilmente, al nucleo della non-esistenza.

Coaguli di materia sparsa si agglomerano attorno a un centro gravitazionale per formare gorghi musicali a mò di portali dimensionali per scendere ancora più in profondità, con la massima velocità possibile (Interlude Meditation After the Desolation’). Durante tali momenti, s’innesca, nella corteccia cerebrale, l’impagabile sensazione della perdizione da hyper-speed. Trance. Stordimento. Annichilazione. Annientamento. La superficie della Terra è via di disfacimento, è fagocitata sempre più dal Nulla, ogni giorno che passa. Unica via, l’inversione della transumanza umana. Per oltrepassare, alla velocità dei blast-beats, le barriere dello spazio-tempo e dissolversi nella materia primordiale.

Quindi, rinascere, in un nuovo corpo. Nuova carne. Agglomerata dalla forza di totali accelerazioni quali quelle presenti in Reborn in New Flesh and Supremacy’. Strappi al continuum spazio-temporale ci sono dappertutto, in “Introspective Contemplation of the Microcosmus”. Per penetrare in quel microcosmo, appunto, che rotea vorticosamente su se stesso in ciascun essere umano, attendendo da eoni di sfuggire al bilanciamento perfetto ma privo di vita delle forze gravitazionali del sistema solare. Per raggiungere l’agognata meta: la già citata non-esistenza.

Un EP, un Mondo, un sistema planetario, il Cosmo. Cosmo fuori, Cosmo dentro.

Imprescindibile, per la definitiva obnubilazione e quindi rinascita completa, il debut-album. Che si attende, quindi, per il completamento della trasmigrazione delle anime.

Daniele D’Adamo

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