Recensione: Inventor of Evil

Di Alessandro Zaccarini - 4 Settembre 2005 - 0:00
Inventor of Evil
Band: Destruction
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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85

Il macellaio pazzo è tornato, truce ed efferato come non mai, armato di mannaia insanguinata e con tutta l’intenzione di mietere corpi su corpi. Il saggio Peter Tägtgren è nuovamente a sedere in produzione, posto che fu suo già nel bellissimo The Antichrist. Lasciata la Nuclear Blast, Inventor of Evil sarà il debutto dei Destruction su AFM Records.

Le premesse per un disco di altissima qualità ci sono tutte.

Il caro vecchio mattatore abbassa senza pietà la sua lama, l’album muove i primi passi e tra urla demoniache e l’arrembaggio vocale di Schmier, il massacro può cominciare. L’inizio disco, neanche a dirlo, è devastante come nella migliore tradizione Destruction (Mad Butcher, Dictators of Cruelty / Thrash ‘Til Death, The Ravenous Beast / Metal Discharge, giusto per fare un paio di nomi). In un fuoco incrociato spietato e tirato, il trittico di Lörrach ha in serbo riff aggressivi e taglienti per la carneficina che apre il proprio nono album da studio: Soul Collector e The Defiance Will Remain, due proiettili (dall’inferno!) di thrash metal impetuoso e travolgente in puro stile Schmier e soci. A questa prima cruenta dose di ferocia segue il “pezzo-spot” dell’album, l’episodio “all-star” che porta il nome di The Alliance of Hellhoundz. Coordinate musicali più lente e abbastanza atipiche per la sfilata canora che vede protagonisti Biff Byford (Saxon), Doro Pesch, Shagrath (Dimmu Borgir), Björn “Speed” Strid (Soilwork), Paul Di’Anno (ex Iron Maiden), Messiah Marcolin (Candlemass), Mark Osegueda (Death Angel), Peter “Peavy” Wagner (Rage) e Peter Tägtgren (Hypocrisy).

Maestri nel saper piegare ai propri piedi il progresso, i Destruction sono uno dei pochi gruppi che negli anni sono stati capaci di rinnovare il proprio suono senza scadere nel modernismo eccessivo e senza dimenticare quel groove che chi suona thrash più o meno dichiaratamente anni ’80 non deve assolutamente dimenticare. Anzi, forse proprio nella rigenerazione sonora la band tedesca ha trovato uno dei segreti per la propria nuova splendida forma. Rinnovamento che non ha intaccato concettualmente il vecchio modo di suonare (lo scorso Metal Discharge, per esempio, ne è un’ottima dimostrazione) e le reminiscenze ottantiane non sono assolutamente cadute nell’oblio. È il caso per esempio delle ventate anacronistiche del riffing di No Man’s Land o di The Calm Before The Storm, la quale ripropone, alternata alle parti fitte e compatte, una chitarra acustica sinistra e maligna alla Course The Gods. Il corso di Inventor of Evil procede dando spazio ai colpi serrati di The Chosen Ones, al più lento incedere di Dealer of Hostility e ai cambi di ritmo dell’ottima Under Surveillance, in un continuo riaffermarsi del migliore DNA della band tedesca. Band che, in alcuni frangenti di questo nuovo disco, sembra non disdegnare un piccolo passo verso la complicazione delle proprie trame musicali, come in Seeds of Hate, ennesimo concentrato di crudeltà metallica. Finale nostalgico con Twist of Fate e Killing Machine, accoppiata di thrash metal diretto e spaccaossa d’altri tempi, ovviamente condito dalle linee vocali inconfondibili del buon Schmier.

L’edizione standard si chiude qui, con l’arpeggio dell’outro Memories of Nothingness, mentre la limited in digipack ha ancora nel cilindro We are the Road Crew, cover dei Motorhead e The Alliance of Hellhoundz cantata interamente da Schmier. Ulteriori bonus invece per l’edizione giapponese, la cui tracklist si prolunga con una nuova versione del classico Eternal Ban (erano i tempi del grandissimo Eternal Devastation) e una versione karaoke di The Alliance of Hellhoundz.

Dallo spettacolare The Antichrist, targato 2001, i Destruction sembrano vivere una seconda, devastante, incredibile giovinezza. Per la terza volta in 5 anni il combo tedesco partorisce un disco di livello altissimo, di una compattezza strumentale clamorosa e di una violenza commovente. Un’ecatombe in nome del thrash metal, tra le linee di chitarra del buon Mike Sifringer, le incalzanti e serrate ritmiche di Marc Reign dietro le pelli e le grida del comandante Marcel Schirmer. Una line-up che sembra sempre più perfetta, una macchina da guerra testata e rodata che continua a guadagnare metri su metri senza dimenticare il gusto anacronistico dei tempi passati.

Sempre più spietati, anti-religiosi e politicamente scorretti, i Destruction hanno fatto di Inventor of Evil un altro massacro musicale, un nuovo bagno di sangue, il terzo disco post-2k della band da godere dall’inizio alla fine. Come si fa a non volergli bene?

Tracklist:
01. Soul Collector
02. The Defiance Will Remain
03. The Alliance of Helloundz
04. No Man’s Land
05. The Calm Before the Storm
06. The Chosen Ones
07. Dealer of Hostility
08. Under Surveillance
09. Seeds of Hate
10. Twist of Fate
11. Killing Machine
12. Memories of Nothingness

Versione digipack:
13. We are the Road Crew (MOTÖRHEAD cover)
14. The Alliance of Hellhoundz (Schmier vocals only)

Versione giapponese:
13. Eternal Ban (re-recording)
14. The Alliance of Hellhoundz (karaoke version)

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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