Recensione: Italiota [EP]

Di Roberto Gelmi - 23 Giugno 2015 - 10:00
Italiota [EP]
Band: Syncage
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Primo Extended play per i Syncage (l’accento è sulla ‘a’), band di giovanissimi vicentini, fautori, a loro dire, di un “musical project which aims to sting listeners’ resonance through various psychoemotional devices” (un progetto musicale che aspira a colpire la risonanza degli ascoltatori attraverso vari strumenti psico-emozionali). Il gruppo è nato da pochi mesi, la coppia formata da fratelli Nicolin, invece, è forte di sei anni di musica condivisa. Il singolo “Hellhound”, sempre uscito l’anno scorso, è un biglietto da visita invidiabile.
Diciamolo subito, quello che non manca ai vicentini è la personalità: i nostri propongono, infatti, un sound progressive vicino a lidi theatrical rock/metal, genere di nicchia su cui potrebbe puntare il metal del futuro (non che non l’abbia già fatto, con band quali Explorer’s Club, UnExpected, Devin Townsend e Savatage, ma anche Mechanical Poet e i Dream Theater di “The Test That Stumped Them All”).
Ah dimenticavo, l’EP è stato registrato in solo quattro giorni in studio e si compone di tre canzoni autoconclusive, che rivelano tre lati diversi, eppure uguali, della band. Italiota è ascoltabile gratuitamente e acquistabile in alta qualità sul sito bandcamp dei Syncage.
L’opener “Leash and Necks” (lett. Guinzagli e colli), inizia con note di chitarra acustica, poi un riffone blues e un hammond gagliardo. Le linee vocali sono teatrali, il pianoforte ricrea atmosfere retrò. Colpisce l’abilità nell’alternare momenti metal ad altri blues, con la giusta dose d’istrionismo. Matteo Nicolin propone un clean vocal passabile, ma deve ancora guadagnare in eclettismo. Detto questo, il refrain cadenzato è ben riuscito e ficcante. Lo stacco alla fine del terzo minuto con tanto di organetto in 3/4 è una trovata pazzoide, seguita da arrangiamenti di fisarmonica. C’è spazio anche per un assolo di chitarra dai toni lisergici che diventa un ostinato ipertecnico, affiancato da linee pulsanti di basso.
Anxiety” inizia con un basso avvolgente e un tempo sincopato di batteria davvero interessante. Si respira aria à la Porcupine Tree, ma anche atmosfere crepuscolari opethiane, per la presenza di arpeggi che sembrano presi da Damnation.
La mini-suite finale, “theatrical metal manifesto” dei Syncage, “Italiota’s Journey nr.2” (il titolo è già un programma) inizia con atmosfere svogliate e una voce da imbonitore da luna park. Il pezzo vuol essere un ritratto della tragicomica situazione politica della Seconda Repubblica italiana, ecco spiegati i primi secondi disturbanti. Alla fine del terzo minuto un assolo stellare di tastiera risolleva le sorti della traccia, che prosegue tra momenti jazz e note di tromba che ricordano i King Crimson. A metà il brano si fa trascinante e Nicolin sfodera un acuto impegnativo. Il finale è quasi da musical tout court e le sonorità ricordano quelle targate Magellan. Come se non bastasse gli ultimi secondi contengono un istante dell’Inno d’Italia e un sample con alcune parole d’«inglese berlusconiano» inneggianti la democrazia!

In conclusione, i Syncage hanno tutte le carte in regola per sfondare, diamo tempo al tempo e andiamo a sostenerli al Veruno Prog Festival di settembre. La band vicentina è ancora una realtà in fieri e potrebbe regalare gioie nei prossimi anni. Di certo stupisce già ora la tecnica messa in campo con la giusta sprezzatura e la capacità di riempire con mille idee ciascuno brano composto. Il futuro è dei giovani!

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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