Recensione: IX – Everyone, Everything, Everywhere, Ends

Di Tiziano Marasco - 12 Giugno 2015 - 0:00
IX – Everyone, Everything, Everywhere, Ends
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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81

Fa sempre piacere il ritorno dei blackster sperimentali svedesi Shining, sebbene i loro ultimi dischi, pur sempre qualitativi, non abbiano brillato per originalità. Dall’altro lato, in quanto ad originalità, questi Shining sono stati messi in ombra di recente dal sempre maggior successo dei loro (ancor più schizzati) omonimi norvegesi.

Dopo l’intermezzo di Redifining darkness i nostri tornano alla zeppeliniana (ehm) consuetudine di anticipare il titolo di un loro disco con un numero romano, ed ecco che Everyone, Everything, Everywhere, Ends viene anticipato dal suo bravo IX. Cosa aspettarsi dunque?

La risposta sembra essere data da un intro malinconico, fatto di chitarre pigolanti che fanno rimpiangere (non lo si facesse già abbastanza) i migliori Opeth, quelli di Still life per dirne una. Si tratta di un fuoco di paglia, spazzato via dal fuoco vero Vilja & Dröm, un pezzo roccioso, chitarristico, ruvido e malato, che presenta una band carica e ispirata. Il disco scorre, e man mano che i riff si susseguono, viene da pensare che il fuoco di paglia sia proprio Vilja & Dröm. IX – Everyone, Everything, Everywhere, Ends ha molti crismi del disco acustico, seppure sempre oscuro, maligno e costantemente connotato dal ringhio, ora esplicito ora sussurrato, di Niklas Kvarforth.

Framtidsutsiker disegna atmosfere oscure e ipnotiche, sempre sul punto di esplodere, atmosfere che si caricano di elettricità verso la fine, ma non esplodono mai. La successiva Människotankens vägglösa rum riprende sonorità grezze e purulente, salvo poi interrompersi in un break acustico ai margini dell’incantevole (Ghoul quasi canta). La nona prova degli svedesi dunque si presenta come un album ricco di sfaccettature e cambi sonori, pur tuttavia risulta solido e molto ben ragionato. I pezzi non tentennano e non hanno momenti inutili né ridondanti, dove violenza e passaggi acustici sono bilanciati con sapienza. Inga Brökar kvarr att bränna è un’altra splendida composizione funeraria ci riporta a sonorità umide ed inquiete, che Mikael Åkerfeldt farebbe bene a sentire, mentre la conclusiva Besök från i(ho)nom è un altro pezzo elettrico che, più di ogni altro, alterna attimi di quiete e furore improvvido.

Togliendo l’intro e il primo pezzo relativamente tradizionale, ci si trova innanzi ad una prova gustosa e piuttosto originale, nel quale risulta difficile isolare i momenti migliori. Chi poi avesse tra le mani la deluxe edition (una di quelle cose che al sottoscritto non è mai andato a genio, ma finché la Century Media fornisce…) non mancher`di apprezzare la riproposizione di Ohne dich, ballatona strappalacrime da Reise Reise dei Rammstein che qui della ballatona conserva ben poco.

Insomma, IX – Everyone, Everything, Everywhere, Ends ci restituisce gli Shining in ottima forma, sebbene non si tratti del gruppo follemente ignorante degli esordi. Si tratta invece di un gruppo estremamente maturo, che sa dare alla propria proposta spessore e profondità, e riesce a cavar fuori un disco che ne risolleva le sorti dopo le prove un po’ insipide citate in apertura.

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