Recensione: Jekyll and Hyde

Di Alessandro Marrone - 5 Luglio 2018 - 18:30
Jekyll And Hide
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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Siediti, chiudi gli occhi ed ascolta, ma soprattutto, apri la mente. La premessa per approcciarsi al concept degli italiani Reversal Symmetry punta sull’onestà intellettuale, come la maggioranza dei gruppi progressive. Non ci si può limitare a pigiare il tasto play e far scorrere le note, perché in questo sforzo discografico c’è una serie di strati che si aprono man mano che andiamo avanti con l’evolversi della storia, basata sull’avvincente romanzo di Stevenson “Dr Jekyll and Mr Hyde”. Ma per fare in modo di entrare davvero in questo piccolo mondo in cui troviamo i personaggi principali, ognuno a prendere in prestito la voce di un cantante differente, è necessario prestare grande attenzione, cogliere le sfumature, i cambi di umore da una strofa all’altra e carpire quei timidi raggi di luce nell’ombra dell’ossessivo Hyde, al pari dell’incessante supremazia del buio di una coscienza malvagia che soffoca il Dottor Jekyll. La storia, probabilmente, la conoscete tutti, ma la scelta delle parole e la stessa articolazione degli avvenimenti non è stata lasciata al caso, ma rappresenta il frutto di un lavoro sviluppato lungo tre anni. Il risultato è circa 1 ora e mezza di progressive rock vecchia scuola, suonato col cuore e con la testa e suddiviso in due album, il White Side e il Dark Side, proprio a scandire l’evoluzione del protagonista, del mondo che lo circonda e del tormento che lo divora internamente.

L’opera comincia con “Henry’s Mirror”, che presenta al meglio l’identità della band, nata dalle ceneri dei prog rockers romani Layra, con una buona dose di melodia, valide aperture ed il costante desiderio di procedere con calma, quasi per cercare di godersi sino all’ultimo quel bagliore di luce che con il passare delle canzoni andrà ad incupirsi sino ad entrare nel Dark Side del concept album stesso. Segue “Story of a Door” , iniziando quasi mesta e malinconica, ma pronta a reagire con melodie azzeccate. “The Eye of reason” è un manifesto prog rock vecchia scuola e lo si evince anche dalla scelta dei suoni (sentite che organo), con un continuo botta e risposta tra i personaggi. “The Nightmare” è un intermezzo strumentale che introduce “Eternal Void”, ovvero quella che personalmente reputo la canzone migliore dell’intero doppio album. L’inizio è quasi lirico, poi si assiste ad uno sviluppo pressoché impeccabile e che ci trascina nel dramma dei personaggi, sino ad una parte strumentale ispirata e ricca di idee. Il buon Poole torna con la sua potente voce in “Promises”, un pezzo molto intimo e con un ottimo solo di chitarra. Il White Side si chiude con “Henry’s Choice” ed è qui che il tormento che impregna la seconda parte dell’opera si fa più pronunciato, proprio come i suoni diventano più duri e la sua struttura elaborata e quasi contorta.

Il Dark Side è appunto la metà incentrata sull’avvento della negatività e della distruzione di Mr Hyde, con brani più lunghi rispetto alla prima metà, ma non per questo meno coinvolgenti. “The Smell of Rain” ha il compito di aprire le danze e lo fa in maniera eccezionale, con una sorprendente violenza sonora e soluzioni stilistiche nuove rispetto a prima (la voce, quasi ossessionata, ricorda molto i primi lavori dei Pain Of Salvation, scusate se è poco). Concitata, “The Evil Inside” alterna buon ritmo e melodia e fa da ponte per la successiva “The Window” , sostenuta e quasi alla ricerca di redenzione. Seguono gli 11 minuti e 11 secondi di “Anomalies” , che però suona troppo artificiosa e un po’ forzata, soprattutto arrivati a questo punto dell’album. Fortunatamente “In Another Life” riporta i Reversal Symmetry sulla retta via e reagisce dal torpore accumulato con la lunga traccia precedente. A chiudere l’intera opera ci pensa “Like so Many Fragments of Glass” che tra le abilità canore e delle valide aperture riesce a far passare in secondo piano un paio di scelte opinabili.

Jekyll and Hyde è una più che valida progressive rock opera, mai noiosa e con un validissimo contributo a livello di testi e di performance degli strumentisti. Si respira aria di vecchia scuola, di suoni analogici e di voglia di far percepire qualcosa all’ascoltatore, non di stupirlo con virtuosismi che finirebbero per distrarre e portare il tema principale in secondo piano. Si legge chiaramente il continuo conflitto tra la luce e il buio, il bene ed il male e si viene avvolti da un abbraccio oscuro sul finire del primo disco, a mio parere migliore del secondo, a tratti prolisso in maniera superflua. In alcuni episodi la pronuncia non è impeccabile, ma ho anche ipotizzato che si trattasse di una forzatura voluta, quasi a richiamare la diversa fonetica dell’epoca in cui si svolgono i fatti, mentre nel complesso trovo che l’opera sia ben riuscita, nonostante non faccia gridare al miracolo o non introduca nulla di completamente nuovo nel panorama. “Ogni cosa vive al confine del proprio contrario” ed ogni canzone riesce a riassumere l’identità precisa di un complesso musicale che sembra essere cristallizzato nel tempo e questo, in un mondo che vuole sempre stupire, mi ha fatto piacevolmente riscoprire l’essenza dei due opposti più canonici come quello del bene e quello del male, spesso appunto raffigurati con il Dottor Jekyll e Mr Hyde.

 

Brani chiave: Eternal Void / The Smell Of Rain

 

 

 

 

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