Recensione: Johnny the Fox

Di Abbadon - 18 Gennaio 2004 - 0:00
Johnny the Fox
Band: Thin Lizzy
Etichetta:
Genere:
Anno: 1976
Nazione:
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88

Prodotto molto molto interessante, Johnny the Fox è l‘ottavo album della band di Phil Lynott, concepito in un momento di straordinaria vena ispirativa e compositiva. Infatti l‘anno di uscita del disco (1976) è forse quello dove i Thin Lizzy se la sono passata meglio in assoluto, con ben 3 uscite nell‘arco dei 12 mesi. Tali uscite, tra l‘altro, non sono esattamente quelle di secondo piano, basti pensare al masterpiece “Jailbreak” (marzo ’76) e a “Remembering part 1 (agosto ’76 con la partecipazione di Gary Moore). Il terzo prodotto (ottobre ’76) della triade è un concept (anche se non tutte le canzoni ne fanno parte) album, che narra (forse trasponendo proprio lo spirito del genio mulatto dei Lizzy) di un criminale con problemi di droga (Johnny) che interagisce con vari personaggi (tra le quali spicca la problematica rockstar Rocky) del suo mondo, tutti più o meno con problemi, creando situazioni e casi che si possono gustare con comodo nella sezione lirica del disco (liriche da sempre uno dei punti di forza degli irlandesi). Musicalmente abbiamo un lavoro un filo diverso rispetto a quello dei Thin Lizzy più conosciuti (quelli di Jailbreak per intenderci) meno esplosivo e “scintillante” in alcune sue parti, ma con un po’ un mix tra i ritmi del passato e una struttura quasi “sabbathiana” delle song, con le due chitarre di Scott Gorham e Brian Robertson a macinare una gran quantità di pregevolissimi riff. Non mancano gli assoli, tutti di gran caratura, e una sezione ritmica perfettamente in grado di trascinare e tenere i tempi con l‘ineffabile, sia in voce, sia in basso, Phil Lynott, e il mai esuberante ma sempre puntuale Brian Downey. Già detto del vocalist, uomo carismatico come pochi, capace sempre di ammaliare gli ascoltatori col suo cantato dal timbro non esplosivo ma semplice quanto efficace ed affascinante, già detto dei suoi compagni, non rimane altro che ripercorrere insieme le 10 canzone proposte in Johnny the Fox.

Subito un riff, musicalmente leggero ma di grande impatto, ci accompagna nel mondo di “Johnny”, opener del disco che inizia pure a presentarci il protagonista della vicenda. Il mid tempo si distungue subito per il grande ritmo che possiede, capace di rendere pochi giri (tra l‘altro ben pensati) capaci di portare tutti a scapocciare (soprattutto nelle strofe finali, quando il la ritmica è accompagnato passo passo da una lead guitar che mette in risalto il tutto). Grandissimi gli assoli, con tutti gli strumenti a svariare alle spalle della chitarra elettrica. E dopo aver presentato Johnny, si passa a fare la conoscenza di un altro protagonista, la rockstar “Rocky”. Sebbene il ritmo della song sia quasi lo stesso di quella precedente, essa è nel complesso più potente ed esplosiva, esplosività data da una registrazione più alta e da riffs più complessi e “aperti” rispetto a quelli più schematici dell‘opener. Il solo è carico di vitalità, peccato per la durata della track, solo 3 minuti e 40 (non pochi, ma il piacere è tale che un altro minutino non avrebbe di certo annoiato). E dopo due performance decisamente sopra le righe giungiamo a quello che forse è il brano zenith dell‘album, lo splendido lento “Borderline”. Un magico arpeggio ci fa subito capire i lidi nei quali rimaniamo invischiati, poi è tutto uno splendido lavoro della chitarra acustica, carica a deliziarci le orecchie. Phil si esprime al microfono su livelli altissimi, soprattutto nel refrain da antologia, giustamente entrato nella storia dei Thin Lizzy. Ritorno ad una cavalcata che ricorda quelle di Jailbreak con la spettacolosa “Don‘t Believe a Word”. Se qui il refrain è appena nella norma, le strofe fanno veramente paura, con dei riff che sprigionano una elettricità quasi unica anche in questo panorama. Le due chitarre sono perfettamente affiatate e fanno da strumenti cardine del pezzo, ma anche il basso e la batteria sono una bella presenza…. Che dire, dalla padella alla brace, ma con significato da interpretare alla rovescia. Se questo inizio non basta, a riconfermare la tesi ci si mette pure “Fools Gold”, dalla intro (una delle migliori a una canzone, sembra l‘inizio di un film) che genera delle grandissime emozioni, per poi generare un mid tempo forse meno gustoso dei precedenti, ma compatto, dotato di ottime trame melodiche e con un cantato maiuscolo (anche le backing vocals sono grandi). Eccellente ritmo per la seguente (e secondo me a suo modo spettacolosa per quanto singolare) „Johnny the Fox meets Jimmy the Weed”, pezzo che potrebbe lasciare storditi i più al primo ascolto. La song è molto difficile da descrivere, ha un riff molto particolare, spezzettato ma che lascia senza fiato, il cantato è espressivo anche per la singolarissima interpretazione del cantante e…. che dire, fa molto RnB invischiato in altri generi, tutti miscelati in un calderone per un ottimo risultato complessivo. Ritorno alla piacevole melodia con le successive e belle “Old Flame” e “Massacre”. Il primo è un mid tempo estremamente godibile, che parte su trame appunto melodicissime per poi passare ed alternarsi a dei riff non molto sonori, anzi, ma che nella loro semplicità sono sempre straordinariamente efficaci, così come l‘assolo è di una notevole pulizia strumentale. Massacre invece è ancora melodica ma decisamente più rapida, e contraddistinta da quello che reputo il miglior drumming dell‘intero disco. Come sempre fascino ed atmosfera a mille, ma non è una novità. Notevole anche l‘apertura della ballata “Sweet Marie”, che poi però tradisce un po’ le aspettative. Intendiamoci è molto bella, dolce e carica di sentimento, ma alla lunga Sweet risulta essere un pochino tediosa. Bello comunque quando entra in scena la lead guitar, ad accarezzare ed impreziosire la melodia di base. La closer di Johnny the Fox è l‘incredibile “Boogie Woogie dance”, ennesima testimonianza del genio compostivo dei Lizzy, track dove non si può far altro che scatenarsi al suon della batteria e del basso. Le chitarre sono quasi assenti, ma lo scopo di diveritre e far sballare la gente è pienamente raggiunto, sia dalla pirotecnica track, sia da tutto il disco in generale, uno dei miei preferiti in assoluto dell‘intera discografia dei Thin Lizzy. Lavoro da qualcuno un po’ sottovalutato, contiene a mio avviso una tale concentrazione di emozioni da far rimanere il cd nello stereo per ore e ore.

Riccardo Abbadon Mezzera

Tracklist :

1) Johnny.
2) Rocky.
3) Borderline.
4) Don’t believe a word.
5) Fools gold.
6) Johnny the Fox meets Jimmy the Weed.
7) Old flame.
8) Massacre.
9) Sweet Marie.
10) Boogie woogie dance.

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