Recensione: Journey Through my Memory

Di Luca Montini - 14 Ottobre 2015 - 17:06
Journey Through my Memory
Etichetta:
Genere: Shred 
Anno: 2016
Nazione:
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80

Non è facile riassumere in poche righe il notevole curriculum di Antonello Giliberto, giovane e talentuoso chitarrista siracusano. Influenzato fin dalla giovane età da gruppi rock classici come Led Zeppelin e Queen, muove poi interessi ed ambizioni verso il metal neoclassico, da Malmsteen a Jason Becker, passando per le intramontabili partiture di Johan Sebastian Bach. Attualmente è insegnante presso la Guitar Academy di Siracusa, dove ha studiato dal 2005 al 2011. Antonello ha inoltre partecipato a numerosi seminari con i più grandi chitarristi al mondo (Kiko Loureiro, Paul Gilbert, Michael Angelo Batio, Mike Stern, per citarne alcuni) collabora con un laboratorio di liuteria (la CQUADRO Guitar Works) di cui è endorser ufficiale, collaborato con una celebre rivista di chitarra italiana, e soprattutto è forte di una corposa attività live: prima con i “FlowersGrandsons” e successivamente con i “Purpleized” (cover band di Deep Purple e Rainbow) e con la band rock blues “Blue Train”, con i quali ha realizzato un disco. Nel 2013 pubblica il suo primo album solista, autoprodotto, “Mansion of the Lost Souls”. A coronamento di tanto impegno e passione profusa in questi anni di studio e ricerca, nel maggio 2015 l’axeman siciliano firma per la celebre etichetta Minotauro Records, per poi pubblicare il nuovo lavoro “Journey Through my Memory”: di nuovo un disco strumentale che vanta una line-up d’eccezione: il grande bassista Dino Fiorenza (Mr. Pig, Superbia, Metatrone) ed il leggendario batterista John Macaluso (Malmsteen, HolyHell).

Un tuono. Il riffing deciso ed incisivo che segue l’attacco di batteria ed un epico crescendo: ottimo l’incipit con l’epica “Demeter”, madre terra e sorella di Zeus, rappresentata con un sapiente uso dello sweep picking e da un plettrato alternato al fulmicotone. Leggero calo di intensità in favore dell’atmosfera per “Endless Labyrinth”, dove possiamo apprezzare il fantastico lavoro di Dino Fiorenza al basso, col suo stile grintoso e furente che contrappone la strofa incedente al ritornello melodico più arioso.
Luci soffuse in apertura per la titletrack “Journey Through my Memory” che ci riporta in terre obliate nel tempo, scenari del pensiero che si distendono all’orizzonte tra il clangore della battaglia lontana e la pace interiore del riposo, alla quale segue un improvviso e repentino cambio di marcia portandoci nel vivo dell’azione di un impetuoso assalto neoclassico. 
Ancora atmosfere lontane e crepuscolari per “Enigma of the Eternal Night”, un lento con chitarra acustica che ricorda un po’ i lavori acustici malmsteeniani, con la presenza del tappeto di tastiere sulla quale si erge la melodia e l’arpeggio delle chitarre.
Dopo la pausa di nuovo una carica di energia che apre una digressione, forse un attimo di insana follia che penetra come il primo raggio di luce della giornata attraversando il rosone di un antico monastero: “First Day Lights At The Monastery”. Un’idea fulminea come la rifrazione della luce che muta lo scenario circostante, mentre nasce e muore soffocata nei canti del requiem aeternam dei frati. Indubbiamente il brano più rappresentativo del lotto, col talentuoso chitarrista sugli scudi ma anche con un intenso lavoro alla sezione ritmica di basso e batteria, dal quale è stato estratto un bel video che ritrae il trio in azione.
Nuova pausa ai limiti dell’ambient col flauto dalle note prolungate e dalla melodia alla ricerca di un loop impossibile in “Avalon Darkness” (in certi momenti ho pensato addirittura ai lavori di Burzum), che solo nella parte centrale presenta le chitarre acustiche in arpeggi ben riverberati.
Lunghissimo fade-in per l’epica “And Won Their Freedom”, che apre come un inno dal sapore celtico e cresce nel suo spannung progressivo fino al solo finale con i cori. Si ripropone la formula intro onirica per i primi minuti ed improvviso attacco con riffing elettrico in “Perfect Dream”, ma stavolta il brano chiude di nuovo con la melodia che ricorda quasi un carillon.
Il viaggio attraverso la memoria di Antonello Giliberto termina con un volo sulle ali del drago: in “Flying with the Dragon” possiamo di nuovo apprezzare un sound marcato e deciso sulle basse frequenze, quasi a divorare con il suo pesante aleggiare la linea melodica sottostante, che arriva poi come la fiammata, rigorosamente neoclassica, dalle fauci del dragone.
In chiusura “The Art of Ending” ci saluta con un arpeggio sullo sfondo, quasi a voler incedere un ultimo istante sui dettagli dell’opera: un’ultima pennellata, un ultimo tocco di colore, un’ultima emozione prima del silenzio di un’ultima nota, di un si che non arriverà mai.

Journey Through my Memory” conferma il grande talento di Antonello Giliberto al pentagramma, con il suo stile neoclassico orientato alla struttura della forma-canzone ed alla melodia piuttosto che al mero esibizionismo tecnico. Il risultato è un album piacevolissimo da ascoltare, sia nelle parti più aggressive e speed che in quelle più melodiche e soffuse. Le eccellenti linee di basso suonate da Dino Fiorenza sono davvero un valore aggiunto all’opera, nel loro incrociarsi alle scale ed allo shredding di Antonello. Aggiungiamo all’architettura musicale il drumming imponente del Macaluso come solidi pilastri e gli ottimi arrangiamenti di tastiera dello stesso Giliberto ad abbellire la facciata, ed avremo  “Journey Through my Memory”, in questo bel monumento alla musica neoclassica ed al genio compositivo italiano.
 

Luca “Montsteen” Montini

 

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