Recensione: Juglarmetal

Di Leonardo Arci - 25 Novembre 2006 - 0:00
Juglarmetal
Band: Saurom
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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78

A volte bisogna sapersi fidare del proprio istinto, spesso le migliori scelte che possiamo compiere sono quelle dettate da quelle illuminazioni che non provengono certamente dalla mente, perché nel caso di questi spagnoli Saurom, se avessi ponderato e rimuginato prima di acquistare questo Juglarmetal, quasi sicuramente avrei rivolto le mie attenzioni verso proposte e nomi più pubblicizzati. Invece mi sono lasciato affascinare dalla cover fantasy di questo CD, ricca di colori cromaticamente compatibili senza risultare eccessivamente contrastanti, e dalle informazioni contenute nel retro del disco nelle quali si annovera l’uso di strumenti quali cornamuse, liuti, flauti ed altri strumenti celtici.

Juglarmetal è il quarto lavoro sulla lunga distanza di questo interessante combo iberico, ma il primo rilasciato sotto il monicker Saurom in quanto originariamente il nome della band era Saurom Lamderth, modificato di recente per questioni legali sopravvenute con la Red Dragon, l’etichetta per la quale sono stati pubblicati i precedenti lavori. La prima impressione che ho avuto appena giunto a casa e dando un’occhiata al booklet è che questi ragazzi hanno svolto un lavoro egregio, il disco è realizzato in modo assolutamente impeccabile, il booklet è curato da Daniel López Marín e contiene 8 pagine nelle quali sono riportati non solo i testi ma anche delle brevi introduzioni alle canzoni e ai personaggi, il tutto in una splendida cornice fatta di disegni coloratissimi ed evocativi, in qualche modo rivelatori delle tematiche che i Saurom intendono trattare.

I nostri ci propongono infatti un power metal fortemente contaminato da sonorità folk e celtiche, dove trovano ampio spazio ariosi arrangiamenti sinfonici e azzeccate soluzioni chitarristiche che spostano spesso il confine verso lidi thrash e  financo death per via di alcuni inserti vocali eseguiti in growl da Beltrán, cantante dei melodic death Anvil of Doom. Sempre dal punto di vista delle linee vocali particolarmente illuminante è stata la scelta di affidare alcune parti alla splendida voce di Sonia García. Il marchio di fabbrica della band a mio avviso è il songwriting caratterizzato da una mirabile sintesi tra matrice heavy ottimamente strutturata e arrangiamenti folk dal sapore medievale e dalla dirompente forza evocativa che mai risultano eccessivi e fuori luogo.

Il disco si apre con la trilogia dedicata alle Cronache di Zaluster, di cui i Saurom spiegano il significato nel booklet (purtroppo scritto in lingua madre per cui evito di azzardare traduzioni che rischierebbero di non cogliere appieno il senso delle liriche). La Tropas Del Génesis svela in maniera inequivocabile cosa ci attenderà nel corso dei prossimi 50 minuti circa, un heavy metal medievaleggiante e sinfonico, per alcuni versi simile ai nostrani Rhapsody of Fire per l’epicità dei cori anche se il sound appare più marcatamente heavy. E’ ottima la prova del singer Miguel A. Franco, la cui timbrica è assimilabile a quella di Blackie Lawless, e l’impianto ritmico nel quale emerge la batteria, sempre varia e imprevedibile, di Antonio Ruiz. La successiva Krisálida vede salire sugli scudi la voce di Sonia García: va detto che la traccia non scade nelle facili e maledettamente commerciali sonorità gotiche, tutt’altro. Sebbene questa traccia appaia più cadenzata rispetto all’opener, la sua anima heavy non viene messa in discussione, basti prestare attenzione al roccioso riff di chitarra a metà traccia per fugare qualsiasi dubbio in merito. Missa Pro Defunctis è una vera a propria perla di heavy metal a 360 gradi, molto veloce e diretta, dove la sezione ritmica è posta in primo piano grazie ad un basso pulsante, i cori sono molto ariosi ed orecchiabili in contrasto con alcune linee vocali eseguite in growling, forse la rappresentazione più efficace in termini musicali di stati d’animo fortemente in contrasto tra loro. La Batalla con los Cueros de Vino sposta leggermente il tiro rispetto alla composizione precedente, infatti già ad inizio traccia fanno bella mostra di sé le melodie allegre dei flauti e dei liuti che creano un’atmosfera folk che permane per tutta la durata della canzone. Questa armoniosa miscela di suoni viene assecondata delle linee vocali che delineano magistralmente melodie piacevoli e positive. La Musa y el Espríritu ha un pathos drammatico e struggente, pur non essendo affatto una ballad canta dell’amore, osteggiato dal destino crudele che impedisce ai protagonisti di vivere questo sentimento liberamente. Dracum Nocte parla della leggenda del cavaliere San Jordi ed è una sorta di omaggio che la band regala alla città medievale di Montblanc e alle sue genti. Musicalmente si respira una vera e propria aria di festa, i cori sono molto allegri e ben sviluppati, i flauti delineano melodie medievali accattivanti, la produzione rasenta la perfezione visto che tutti gli strumenti risultano perfettamente riconoscibili. Dios Eternos è la canzone più heavy del disco, merito dell’egregio lavoro alle chitarre e delle linee vocali aggressive e dirette. Tuttavia non mancano i momenti in cui vengono inseriti elementi folk con flauti e liuti ai quali viene addirittura affidato il compito di eseguire l’assolo centrale molto bello. Estrella Sin Luz è anch’essa animata da una vena festaiola egregiamente tradotta dalle melodie suadenti ed evocative dei flauti e delle cornamuse e da linee armoniche che traducono in musica il clima giocoso decantato nelle liriche. La Taberna rappresenta a mio avviso un altro highlight del disco, una sorta di arcobaleno all’interno del quale ogni suono viene armoniosamente legato all’altro definendo melodie popolari e coinvolgenti  dove i cori raggiungono un’epicità unica. E’ il turno della strumentale Marcha Inca, un groviglio di suoni perfettamente intrecciati tra loro che evidenziano capacità esecutive di tutto rispetto, che introduce  la conclusiva Historias del Juglar II la quale prosegue lungo le coordinate tracciate nelle canzoni precedenti, una prestazione molto varia alla batteria, trame chitarristiche articolate e mai appiattite dagli arrangiamenti che prediligono le sonorità folk dei flauti e dei liuti.

Come detto ad inizio recensione, si tratta di una piacevolissima sorpresa per il sottoscritto, una band purtroppo relegata dentro i confini nazionali che meriterebbe senz’altro riscontri maggiori da parte del pubblico. La scelta di porre maggiormente in evidenza la propria anima heavy rispetto al precedente Legado de Juglares va considerata positivamente, soprattutto perché questa decisione non ha minimamente penalizzato la componente folk giungendo ad una simbiosi tra anime diverse  stilisticamente perfetta.

Leonardo Arci

Tracklist:
1. Las Tropas del Génesis
2. Krisálida
3. Missa Pro Defunctis
4. La Batalla con los Cueros de Vino
5. La Musa y el Espíritu
6. Dracum Nocte
7. Dioses Eternos
8. Estrella Sin Luz
9. La Taberna
10. Marcha Inca
11. Historias del Juglar II

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