Recensione: Kauja Pie Saules

Di Michele Anastasia - 26 Agosto 2013 - 10:21
Kauja Pie Saules
Band: Skyforger
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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82

Ci sono gruppi che, nonostante indubbie qualità, rimangono confinati nell’underground per un motivo o per l’altro. Gli Skyforger sono fra questi: fondati in Lettonia nel 1995, hanno ottenuto solo di recente una certa fama tra i fan del folk metal grazie alla popolarità di cui questo genere gode da ormai qualche anno.

Migliaia di band da ogni parte del globo ormai decidono di suonare folk, viking o pagan metal, cantando magari di Odino e Freja solo per seguire una moda che però è cominciata come “anti-moda”. Quello che prima Quorthon e poi altri gruppi di fine decennio (ai quali bisogna affiancare senza dubbio alcuno i nostri quattro lettoni) hanno fatto è stato spiegare in musica la necessità dell’uomo di ritrovare le proprie radici nella storia del proprio popolo, in un’epoca in cui la globalizzazione ci ha resi tutti uguali. La proposta degli Skyforger è immune a tutte quelle logiche di mercato che hanno colpito il metal ultimamente: è un lavoro genuino e spontaneo.

Il loro debutto discografico è intitolato “Kauja Pie Saules” e risale all’ormai lontano 1998, un anno in cui diversi musicisti affini, come Falkenbach, Finntroll e Mithotyn, hanno pubblicato i propri capolavori. La musica degli Skyforger pesca a piene mani dalla tradizione black metal scandinava, abbiamo perciò riff graffianti e ripetitivi che riportano alla mente i Darkthrone di “Transilvanian Hunger”, ritmiche veloci e violente e soprattutto scream secchi e perversi.
A tutto ciò si aggiunge, ovviamente, il classico campionario di strumenti folkloristici, come cornamuse, flauti, scacciapensieri e il Kuokle, tipico della Lettonia. Se “Kauja Pie Saules” fosse uscito al giorno d’oggi avremmo parlato semplicemente di un ottimo disco; tuttavia è necessario spendere qualche parola in più per spiegarne meglio l’importanza. Nel 1998 non era affatto scontato ascoltare un così ben riuscito mix di black metal e musica popolare cantata in lingua madre.
In tal senso gli Skyforger si distinguono dai colleghi nominati poco sopra. La componente estrema è infatti preponderante, almeno in questo album, mentre la sezione acustica adibita alle melodie folkloristiche è si presente, ma in maniera minore rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare, e relegata soprattutto ad una intro e ad un intermezzo presenti nel disco, oppure a momenti specifici di determinate canzoni.
La title track, che è posta in apertura dopo una breve intro, infatti, lascia stupiti per la violenza e la velocità, un po’ meno, invece, per il sapore pagano e ancestrale, comunque presente dall’inizio alla fine di questi 40 minuti complessivi che ci vengono proposti. Le chitarre macinano riff su riff, tutti di ottima qualità, strizzando in alcuni casi l’occhio alla tradizione heavy metal tedesca (caratteristica che emergerà sempre di più negli album successivi). La voce di Peters è potente e secca, e il suo scream è davvero piacevole. Tutto ciò non fa che migliorare la situazione, anche quando ci vengono presentati episodi più melodici, come ad esempio la successiva “Sen?u Ozols”, nella quale fa capolino un flauto.
Tra gli episodi migliori del disco è necessario citare “Kal?js kala debes?s”, aperta da una cornamusa e da un riff orecchiabilissimi, che poi si evolve in una corsa forsennata contro il tempo a base di blast beat e rabbia feroce.
Inoltre è importante far notare come le due canzoni finali, “Kauja Garozas sil?” e “Sv?tais ugunskrusts”, siano quelle più tipicamente folk e meno estreme. Nella prima, soprattutto, tocchiamo l’apice del disco con un riff granitico ed imponente che non può che esaltare l’ascoltatore, in particolare quando gli strumenti acustici si uniscono ad esso creando un connubio perfetto.

La prova di tutti i musicisti è ottima e la produzione grezza ma efficace rende davvero questo disco una gioia per le orecchie. Persino i testi sono curati: essi sono incentrati sulla battaglia di Siauliai, in cui i semigalli sconfissero i guerrieri crociati dell’Ordine dei Portaspada.

Non c’è molto da aggiungere. Se il folk vi piace, probabilmente conoscerete questo disco a menadito. Se, invece, volete approfondirlo e provare qualcosa di meno plasticoso di quanto proposto da alcuni gruppi moderni, vi consiglio di approfondire la musica di questi quattro artisti.
I musicisti come gli Skyforger purtroppo sono rari al giorno d’oggi.
Questo è quanto dovrebbe essere il folk metal, e questo è quanto gli Skyforger ci hanno donato.

Michele “Myggdrasil1184” Anastasia

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