Recensione: Keyholder

Di Onirica - 5 Ottobre 2003 - 0:00
Keyholder
Band: Kaipa
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2003
Nazione:
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90

Quando tradizione progressiva passata e presente si uniscono non può che prendere vita un esempio per i giovani gruppi che nel futuro avranno abbastanza fegato per cimentarsi nella musica immortale: questo è il disco progressive rock rivelazione del 2003. Sono tanti coloro che al giorno d’oggi non hanno mai sentito nominare questo gruppo, ma sono altrettanti coloro che poco meno di venti anni fa hanno sognato in compagnia dello stesso. Tra il 1975 e il 1982 il gruppo svedese comandato da Hans Lundin e Roine Stolt ha pubblicato ben cinque album per poi scomparire nel nulla in seguito a drastici eventi nella vita dei componenti che in breve tempo si perdono di vista, tradendo le speranze dei fan. Nel 1996 i due rappresentanti della band settantiana si ritrovano e decidono di rimettere in piedi il discorso lasciato in sospeso quattordici anni prima, così Hans comincia a produrre nuovo materiale mentre Roine, impegnato come chitarrista nella famosa progressive rock band Flower Kings, tenta di riallacciare un discorso musicale con le linee di tastiera preparate del vecchio compagno di giochi. Gli argomenti strumentali a disposizione sono veramente inclassificabili ed hanno le loro radici in quasi trent’anni di carriera, la difficoltà maggiore sarà quella di portare alla luce un lavoro di classe il più coerente possibile con sò stesso e con i tempi. La cosa sembrerebbe praticamente impossibile. Nel 2002 esce Notes From The Past, certo un lavoro eccellente ma basterà attendere solo un altro anno perchè le idee presenti nella mente di questi due geni si chiariscano definitivamente e venga prodotto un autentico monumento musicale per il nuovo millennio lusingato dalla sorpresa inaspettata. Roine Stolt è accompagnato dal suo compagno di squadra nei Flower Kings, il fenomenale bassista Jonas Reingold; due voci anche questa volta, una maschile ed una femminile, tra cui quella del leader voce e chitarra nei Ritual Patrik Lundstrom.

Hans Lundin (Hammond organ, synthesizers, mellotron, pianos & vocals)
Roine Stolt (Electric & acoustic guitars, percussion & vocals)
Morgan Agren (Drums)
Jonas Reingold (Fretless & Yamaha custom basses)
Patrik Lundstršm (Lead and backing vocals)
Aleena (Lead and backing vocals)

78:29 di puro progressive rock, infarcito di folk e jazz. Una release immensa dal sapore irresistibile ed instancabile, una rivincita con il tempo che è riuscito a trascorrere inesorabile e crudele nonostante il gruppo fosse stato costretto a smettere di fare musica. Il disco suona straordinariamente vecchia scuola anni settanta ma non si può ignorare quella misteriosa componente moderna che i Kaipa sono riusciti ad inserire in modo magistrale senza creare imbarazzanti effetti di rattoppo. Nell’intervista Hans ha preferito evitare di parlare delle liriche presenti nell’album, non pretenderete che lo faccia io spero? Sono qui piuttosto per testimoniare la forza entusiasmante e travolgente prodotta dalla musica di una chitarra e di una tastiera che qui riescono a raggiungere la vetta tanto abita anche grazie alla presenza di una sezione ritmica sbalorditiva: Morgan è ovunque e mai presente all’appello riuscendo a confondersi perfettamente con la melodia, Jonas ha a disposizione un fretless che spezza il cuore in mille pezzi, tutto questo rigorosamente in un contesto fatto di controtempi e sonorità che tanto ricordano Yes, Genesis, King Crimson, Tool, Focus, ELP immersi in una favola ambientata in un freddo bosco svedese infestato da spiriti e folletti. A tal proposito le voci di Patrick ed Aleena si inseriscono benissimo nel quadro previsto dalla mente del gruppo, con linee vocali che prendono parte della musica come farebbe un attore tra le luci fioche di un palcoscenico, leggere e garbate a volte improvvise ma sempre brillanti.

La lunghissima composizione racchiude innumerevoli particolari che rendono ogni ascolto sempre ricco di novità, consiglio per questo un approfondito ascolto in cuffia. La produzione è ottima, ogni strumento è chiaramente distinguibile da quello che lo accompagna, per avere unaprova basta ascoltare una solafra le innumerevoli cavalcate eseguite dal gruppo nel disco. Le atmosfere sono parte integrante dell’album ed ogni strumento contribuisce a questa componente senza riserve, il suono di chitarra è poderoso e limpido, per questo il disco può definirsi un perfetto matrimonio tra relax e melodie accattivanti. Non concedo il voto massimo per il gusto dolciastro che ogni traccia lascia in bocca alla fine del suo ascolto, un fenomeno di cui non sono ancora riuscito a decifrare la positività o la negatività. Una cosa è certa o almeno così spero, questo album porterà i giovani gruppi di oggi a rispolverare le potenzialità enormi del sound maestro della vecchia scuola progressiva inglese anni settanta. Per adesso, grande Svezia. 

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

01. Lifetime Of A Journey
02. A Complex Work Of Art
03. The Weed Of All Mankind
04. Sonic Pearls
05. End Of The Rope
06. Across The Big Uncertain
07. Distant Voices
08. Otherwordly Brights

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