Recensione: King Of Fools

Di Paola Bonizzato - 6 Febbraio 2004 - 0:00
King Of Fools
Band: Edguy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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78

A poco piu’ di un mese di distanza dall’uscita del nuovo album “Hellfire Club”, i tedeschi Edguy, capitanati da un carichissimo Tobias Sammet, pubblicano questo mini-CD intitolato “King Of Fools”. Un vero e proprio giro di riscaldamento che contiene 5 tracce, delle quali solamente la title-track sarà possibile ritrovare anche sul full length. Poco più di 20 minuti di buon power metal, arricchito qua e là da un po’ di aggressività più heavy… e una piacevole improvvisazione.

Ma andiamo con ordine, e cominciamo proprio da “King Of Fools”, ottimo pezzo orecchiabile dal ritornello accattivante. Il pezzo, di cui è stato girato anche il video, si apre con giri di note pieni e “rocciosi”, e la voce di Sammet, prima di arrivare al refrain in chiaro stile happy-metal alla Edguy, si addice al taglio più heavy della canzone. Non c’è da stupirsi, quindi, se ci si trova a tenere il tempo con il piede e a canticchiare “We don’t wanna be like you / Don’t you get that king of fools”. Questa traccia è una mid-tempo song, come altre già proposte in passato dalla band, semplice, diretta e ben strutturata. Forse qualcuno potrebbe storcere il naso per le tastiere con un suono troppo “moderno”, ma il risultato, a parer mio, è omogeneo e ben riuscito.
Segue “New Age Messiah” dall’inizio paradisiaco che introduce il tema portante della canzone. Dopo 40 secondi di quiete scatta il ritmo incalzante. Le linee vocali lasciano trasparire un ghigno sottile da parte della band: il testo è una presa in giro della società moderna, per farla breve.. Allibisce un po’ l’ultima parte del testo, che non sto a riportare, ma che ha un senso ben preciso se si comprende bene il significato completo della lyric.
La terza traccia è “The Savage Union”.. Forse il brano più sottotono dei 5, anche se il testo è ottimo e pieno di energia. Tra l’altro è l’unico pezzo del MCD il cui songwriting non è stato monopolizzato da Sammet, nella musica infatti, c’e’ anche lo zampino di Jens Ludwig. Lascia un po’ di amaro in bocca ancora dopo qualche ascolto.
Menzione d’onore per “Holy Water”, sia per il testo, sia per la musica. Brano dolce, riflessivo e dal passo cadenzato, con stacchi decisi e un ritornello pieno di passione e forza. L’atmosfera è impreziosita dalla presenza della Film Orchestra Babelsberg (presente comunque anche sulle due tracce precendenti), che culla maggiormente i giri di note. Le linee vocali danno un certo senso di irregolarità che piace e si intona con il resto, mentre ci si immagina di essere sotto una leggera pioggia purificatrice…
Che dire dell’ultimo pezzo? Un delirio in piena regola, in senso buono ovviamente. “Life and Times of a Bonus Track”, il titolo già la dice lunga. Sammet a tu per tu col pianoforte, registrati in presa diretta nei Finnvox Studios di Helsinki. Il testo fa sorridere… Un’improvvisazione che racconta come si possa sentire un artista pieno di sogni di gloria quando le label chiedono nuove bonus track (“But business claimed limited editions / Insisting on additional songs”…). Ok, non sarà un cavallo di battaglia per il gruppo, ma mostra bene la “pazzia” di Sammet e la simpatia che contraddistingue tutto il gruppo.

Poco da dire sul booklet: 4 pagine che contengono tutti i testi delle canzoni.
Nel MCD c’è anche un inserto multimediale che i fan più scatenati apprezzeranno parecchio. Si tratta del “Making of Hellfire Club” (durata 16 minuti). Il clip si apre con scene tratte dalla registrazione della sezione ritmica, poi si passa allo studio di Berlino dove è stata registrata l’orchestra, e seguono ancora altri spezzoni più o meno contornati da follia e qualche buon assaggio di altri pezzi del 6° lavoro del gruppo.

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