Recensione: Kingdom Of Madness

Di Paolo Beretta - 11 Luglio 2004 - 0:00
Kingdom Of Madness
Band: Edguy
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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60

Kingdom Of Madness è il primo cd ufficiale degli Edguy sotto una label. Due anni dopo la severa bocciatura dell’interessante cd self-made Savage Poetry, (pubblicato in re-mastered version solo nel 2000), da parte di diversi produttori, Tobias Sammet (leader indiscusso della formazione) si prende una rivincita con il suo esordio ufficiale a soli 19 anni.

KOM è un cd normale, uno dei tanti debutti anonimi che, a parte qualche canzone e punto riuscito, passa in definitiva sottovoce; senza infamia e senza lode. Lo ritengo il vero e proprio passo falso degli Edguy. 9 tracce poco riuscite nel loro complesso che sono, a mio modesto parere, peggiori anche rispetto al precedente Savage Poetry che qualche spunto di classe lo aveva regalato. Se invece si guarda in avanti nella discografia quest’esordio risulta essere imbarazzante: si stenta a credere che la differenza temporale tra Il regno della pazzia ed il grandissimo Vain Glory Opera sia solo di un anno.

Le lacune sono determinate dalla mancanza di mordente delle canzoni carine ma anche abbastanza piatte. Solo in Paradise i power metallers danno alla luce una vera Hit lunga e trascinante con un refrain riuscito. Di spessore anche Wings Of A Dream, nonostante si perda un po’ alla distanza con troppe ripetizioni del chorus, la pesante e veloce Steel Church ed il lento toccante When A Hero Cries. Il resto della tracklist mi ha lasciato completamente indifferente. Sembra che il gruppo abbia paura a scegliere tra il power allegro ed un heavy metal più classico. Non ha le idee chiare ed il risultato è un ibrido. Non si capisce dove i teutonici vogliano andare a parare con le loro song abbastanza lunghe e noiose. Certo alcuni assoli sono indiscutibilmente piacevoli e anche le melodie ed il riffing, a tratti, lasciano il segno ma quasi mai il sound scorre senza forzature. Un esempio di quanto ho affermato è rappresentato dalla suite finale The Kingdom. 10 minuti abbondanti con ben cinque assoli di buona fattura ed un parlato cattivo inutile di Chris Boltendahl (non ha bisogno di presentazioni) per una canzone che è di una pesantezza spropositata. Le backing vocals imprecise e castrate dalla produzione approssimativa sono troppo penetranti nel chorus lentissimo che fa una fatica incredibile a muoversi e decollare.

In definitiva il lavoro mostra senza veli la verde età e l’inesperienza del giovane del gruppo (19 anni), le sue buone capacità (spesso fini a se stesse) e l’identità non ancora trovata che, tuttavia, non tarderà ad arrivare. Nonostante tutta la mia buona volontà mi sento di sconsigliare caldamente l’acquisto a tutti quelli che, (a differenza del sottoscritto), non stravedono per Edguy e possono tranquillamente fare a meno di avere la loro collezione al completo sul proprio scaffale.

Sono certo di non esagerare se dico che è indiscutibilmente vero che Vain Glory Opera, Theater Of Salvation, Mandrake e Hellfire Club surclassano, (chi più chi meno), per produzione, songwriting e appeal questo acerbo debutto che, tuttavia, una sufficienza, per quanto risicata, se la merita per qualche buona track.

Tracklist:

1. Paradise
2. Wings Of A Dream
3. Heart Of Twilight
4. Dark Symphony
5. Daedmaker
6. Angel Rebellion
7. When A Hero Cries
8. Steel Church
9. The Kingdom

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