Recensione: Kings Of Carnage

Di Daniele D'Adamo - 10 Agosto 2013 - 19:42
Kings Of Carnage
Band: Debauchery
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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67

 

Ispirato al wargame futuristico Warhammer 40.000 (WH40K per gli amici…), “Kings Of Carnage” è l’ottavo full-length dei Debauchery, formazione capitanata dal sanguinolento mastermind Thomas “The Man In Blood” Gurrath che, in dieci anni di carriera, ha dato alle stampe ben otto album, raggiungendo pertanto un’altissima media produttiva che trova ben pochi riscontri altrove.

Detta fecondità ha fatto che sì i lavori abbiano una successione logica invidiabile, poiché il ridotto intervallo temporale fra essi esistente ha consentito una continuità tale da mettere in fila i lavori stessi come singoli capitoli di una saga che, al momento, non pare vedere l’orizzonte qualcuno o qualcosa che la possa fermare. Ferma restando l’immutabilità di un’ispirazione che fa dell’esagerazione testuale la sua caratteristica principale – esagerazione testuale fondata esclusivamente sull’ironia poiché Gurrath, vegetariano convinto, è pure attivamente impegnato in un video (“Animal Holocaust”) con la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) – la musica dei Debauchery ha da sempre proposto un incrocio, non sempre uguale nella forma, fra il death possente elaborato da gente come Nervochaos, Neutron Hammer, Vore e Deathmarched, e l’heavy metal se non addirittura hard rock tipo Lordi et similia.

Con il risultato di uno stile magari non originalissimo ma dal sicuro impatto emotivo, debordante di potenza, dall’impatto brutale sia per quanto riguarda il fronte sonoro, sia per ciò che concerne i temi trattati, declamati dallo stentoreo growling di Gurrath in modo pressoché perfetto. Se poi si osserva l’approccio deciso e severo con il quale i Debauchery affrontano la questione musicale nel suon complesso, si potrebbe pensare a loro come a una sorta di ‘Manowar del death’! Lasciando assolutamente perdere lo studio della cinetica, se non in rare occasioni (“Demonslayer”), difatti, i teutonici spingono il piede non tanto su quello dell’acceleratore quanto su quello della forza, del vigore e della virilità (“Let There Be Blood”). Quest’idea di legare assieme musica estrema (ma non troppo) e testi dai toni maschilisti inneggianti a guerra, spade, sangue e uccisioni, cantati con vibrante intensità è di sicura presa emotiva e, anzi, rende il sound dei teutonici ricco di testosteronico pathos (“Killerbeast”). Tuttavia, una volta messo a punto il cliché creativo, questi rimane rigido e immutevole nel tempo.

Dato atto dell’indubbia capacità di Gurrath di manovrare con efficacia anche l’hard rock à la AC/DC (“Kings Of Carnage”, “Man In Blood”, “Blood God Kills”), infatti, dopo metà album tutto ciò che si poteva mostrare nello stile in termini di caratteristiche di base e peculiarità aggiuntive viene mostrato. Azzerando completamente l’effetto sorpresa o meglio la speranza di trovarsi davanti a ‘qualcosa da pelle d’oca’ via via che scorrono i brani di “Kings Of Carnage”, fra un anthemico coro e l’altro a base di «Kill! Kill! Kill!». Lasciando intendere che la forte personalità che permea ogni traccia del platter sia allo stesso tempo un pregio ma soprattutto un difetto, tendente a imprigionare forze ed energie nel citato cliché, annullando completamente ogni velleità tendente a proporre qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso da quanto fatto, e tanto, nel passato. Qualche brano che prova un po’ a lasciar perdere il mestiere del ‘musicista macellaio’ per qualcosa di più epico e nobile c’è, come “Victory Awaits” e “Murder Squad”, che però – pure esse – non regalano nulla di più rispetto a quanto fatto da altri in passato. Buone ma non eccezionali le song dove i Debauchery pestano più forte che possono lanciando contemporaneamente cori da bettola post-battaglia (“The Last Crusade”). Con che, pare essere più azzeccato di tutti il pezzo finale, “Debauchery Motherfuckin’ Family”, nel quale si preme finalmente sull’acceleratore dando agli accordi quella dinamicità che, altrove, nel disco, manca del tutto, rendendo di fatto impossibile resistere all’headbanging e alla voglia di pogare anche da soli.      

Fedeli alla loro consolidata immagine di barbari e animaleschi ‘cattivoni’, i Debauchery proseguono imperterriti per la loro strada aggiungendo con “Kings Of Carnage” un’altra preda da impalare alla già cospicua collezione.

Troppo fedeli, però, poiché a lungo andare anche la carne nausea.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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