Recensione: Knights Call

Di Fabio Vellata - 27 Marzo 2018 - 0:01
Knights Call
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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70

Esistono, in questa parte di universo, questioni ineluttabili, assodate, certe e sempre uguali a loro stesse. Certezze su cui non si discute: si sa come sono da tempo immemore e come saranno sempre. Non cambieranno mai.
L’avvicendarsi delle stagioni, il susseguirsi di giorno e notte, la rotazione terrestre, il caldo d’estate e il freddo d’inverno, i derby vinti dalla Juventus, le offerte promozionali sui divani, i dischi di Axel Rudi Pell

Cose così, sulle quali puoi andare sul sicuro e delle quali, nel bene o nel male, sai già praticamente tutto.
Un disco di Pell poi, ha sempre quell’aria rassicurante, paciosa, benevola di chi ti viene incontro per riferirti con fare accomodante qualche storia che sai già a memoria, ma che, dopo tutto, ti fa sempre piacere riascoltare. Come già avevamo avuto modo di ribadire in occasione di una delle sue precedenti uscite (con questa sono diciassette!), come un vecchio amico che rivedi di tanto in tanto. Sai già cosa ti racconterà, quali sono le sue battute, i suoi argomenti preferiti ed il suo modo di descriverli. Però, inevitabilmente, la sua compagnia ti mette sempre a tuo agio, le cose di cui parla in fondo le condividi, e le sensazioni che provi con le sue narrazioni, pure se le conosci da tantissimi anni, ti fa sempre piacere riviverle.

Che ad Axel Rudi Pell ed ai suoi fan piacciano da sempre Deep Purple, Rainbow, Dio e Malmsteen lo sanno tutti, anche Wikipedia; che i suoi album siano un fulgido e brillantissimo esempio di conservatorismo rigido ed incorruttibile, che nemmeno gli Ac/Dc, pure.
In fondo è confortante, quasi consolatorio: un album, l’ennesimo, senza grosse sorprese. Che se ti piace il genere, sai già che gradirai. 
Oppure che, se viceversa quello stile mai hai potuto sopportare, puoi saltare piè pari, passando oltre per andare alla ricerca della nuova invenzione di metal cibernetico, mescolato a qualsiasi influenza ti possa venire in mente.
Facile, facile. 

Fedele a se stesso sin dal taglio pittorico della copertina, “Knights Call” si presenta con il consueto artwork accattivante e gli ingredienti tipici del Pell-style.
Una breve intro di clavicembalo, quindi il consueto florilegio di atmosfere barocche, immaginario fantasy ed ambientazioni medioevaleggianti a far da contorno a brani solitamente impostati su tempi medi, ove la voce graffiante di Johnny Gioieli è degna antagonista della chitarra di Pell, impegnata in un riffing dalle tradizionali connotazioni somiglianti ai due grandi maestri Tony Iommi e Richie Blackmore.
Melodie come sempre profonde, epiche, sulfuree, talora enfatiche e paludate innervano tracce quali l’iniziale “The Wild and the Young”, “The Crusaders of Doom”, “Tower of Babylon” e “Beyond The Light”, nuovo tassello nell’interminabile serie di ballad composte dal guitar wizard tedesco.
I pezzi che però ci sono piaciuti di più sono quelli in cui un minimo di velocità emerge gagliarda e battagliera: “Long Live Rock” è, nella sua semplicità, un inno molto godibile, mentre “Slaves on the Run” e “Follow the Sun” riescono persino a reclamare un posto nel novero dei pezzi migliori scritti da Pell dai tempi di “Shadow Zone”, in virtù di un’esecuzione granitica in cui apprezzare, tra l’altro, il solido lavoro di batteria dell’esperto Bobby Rondinelli.

Nulla di eclatante, niente di innovativo, complicato o differente da una consolidata routine cui Axel Rudi Pell ci ha ormai abituati da tempo infinito. Nessun accenno a modernismi, colpi di testa o lampi di genio inattesi: ancora una volta il nuovo album del German Guitar Wizard ottiene gli esiti già sperimentati più volte.
Chi non perderà tempo nell’ascoltare il nuovo cd di quello che è uno dei “principi” dell’immobilità creativa e chi, al contrario, amerà lasciarsi avvolgere dalla pur sempre raffinata classe di un chitarrista orgoglioso di una coerenza e linearità artistica divenuta vessillo e simbolo di un’intera carriera.

Del resto, come disse lo studioso americano Warren Bennis:
“Se continui a fare quello che hai sempre fatto, continuerai ad ottenere ciò che hai sempre avuto.”

 

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