Recensione: Kosmophobia

Di Francesco Sorricaro - 21 Gennaio 2011 - 0:00
Kosmophobia
Band: Kosmophobia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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85

Kosmophobia, letteralmente: “paura del Cosmo”, dell’Universo che circonda e sovrasta il nostro piccolo, ridicolo pianetucolo con la sua imponenza maestosa e misteriosa; un terrore che è anche paura dell’ignoto, di un qualcosa che ci osserva dall’ombra eterna e che, probabilmente, mai e poi mai riusciremo a conoscere per primi. Questo è il minaccioso monicker scelto da una band residente nel tranquillo Canton Ticino che però, a scapito di ogni stereotipo, dimostra di avere dentro un groviglio gorgonico di passioni, ben raffigurato dallo spettacolare logo che li rappresenta.

Il trio che, in attesa d’altro, si avvale della collaborazione amichevole, quanto positiva, del cantante dei Beansidhe Salvatore ‘Phil’ Roppa, sprigiona, in questa prima produzione ufficiale, un death metal iper tecnico e progressivo che sconvolge per la perizia con cui è composto, realizzato e curato nel sound. Tutto il progetto ruota intorno alle idee di Giovanni ‘Jaz’ Valenti, sorprendente mastermind del gruppo, nonchè chitarrista e fonte di ogni suono sintetizzato presente nei brani; sì, perchè la caratteristica principale della musica dei Kosmophobia è, certamente, il gelo siderale ricreato dal massiccio uso di elettronica ed effetti provenienti dal veriegato bagaglio di ascolti di Jaz che, tra l’altro, è arrivato naturalmente a questa soluzione, dopo l’ennesima, obbligata rinuncia ad un secondo chitarrista.

Il risultato, già quando si iniziano ad ascoltare le prime note dell’Intro che introduce Aeons Conspiracy, è a dir poco cinematografico ed anzi è paragonabile (nonchè, volendo, sovrapponibile) all’impatto della scena iniziale del film Una Nuova Speranza, IV capitolo della saga di Star Wars, perchè quei suoni minacciosi che si avvicinano potrebbero provenire facilmente da quella nave imperiale all’inseguimento. Le tentacolari progressioni della solidissima sessione ritmica, composta da Fabrizio ‘Sbrinz’ Firmani al basso e Paolo Tarussio alla batteria, godono dunque di un tappeto di suoni cibernetici che, lungi dallo snaturare l’anima profondamente death del combo, regalano un tocco di grande originalità e creano un perfetto connubio con le tematiche dei testi e con il concept complessivo della demo omonima.

L’assalto sonoro dei cinque brani qui presenti è davvero monolitico fin dalla traccia di apertura sopracitata, che tratta di un attacco alieno e che apre le danze con un incedere epico che ricorda molto i Nile (sicuramente una delle influenze più importanti per loro), e con una progressione che martella a più non posso, spezzandosi di sovente in variazioni sul tema a partire dal melodico solo di Jaz. Le sue partiture chitarristiche, bisogna dirlo, sono quanto di più variegato ed oculato ci si possa aspettare in questo genere; a scapito della giovane età, non è mai eccessivo nello sfoggio di doti tecniche ed è anzi puntuale e chirurgico quando c’è da menar le mani o quando, invece, c’è da dare un tocco di pathos con melodie che mettono ansia più che tranquillità (in senso buono, s’intende).

Si viaggia così a ritmi sostenuti, senza possibilità che il piede si stacchi dall’accelleratore, con velocissime sgroppate che si incanalano alla perfezione in complicatissime trame ingarbugliate solo all’apparenza. Universe at Dusk, pezzo nichilista ed il più vecchio del lotto si mostra anche come il più oltranzista, disturbando con schegge sonore impazzite da officina degli orrori. L’orientaleggiante Ethemenanki risuona di ancestrale disperazione ad ogni passaggio, evocando la storia della folle torre di Babele, estremo tentativo dell’umanità di sfidare gli dei. Vimana, porta nel titolo il ricordo del primo monicker del gruppo e possiede un finale di grande solennità epica che chiude un pezzo possente ed anthemico, soprattutto nel suo incedere marziale contraddistinto dal fragoroso growling di Phil.

Eye of The Twins ha il compito di chiudere rabbiosamente la demo con il monito che le sonde gemelle Voyager, con le loro foto provenienti dalle profondità siderali, hanno lasciato ad un’umanità che spesso perde la cognizione della sua insignificanza rispetto al tutto universale.

I Kosmophobia sono stati una vera sorpresa per me. Considerando che si tratta della loro prima pubblicazione autoprodotta, non era facile attendersi una maturità, una perizia ed una cura dei particolari di questo tipo: partendo dalla produzione vera e propria, che è veramente di alto livello, fino ad arrivare all’artwork davvero da urlo. Non mancano certo i richiami a band come Obscura, Sadist ed ai già citati gran maestri Nile ma, quello che questo mini disco racchiude, è un qualcosa di veramente originale nel complesso, un qualcosa che sarà gradito di certo non solo agli amanti del death più brutale, ma anche a quegli appassionati del metal a tutto tondo che vanno oltre le categorizzazioni e che godranno di certo di tutti gli ingredienti qui mirabilmente miscelati.

Una delle migliori autoproduzioni del 2010 senza dubbio, e mi viene difficile credere che una band come questa sia ancora senza un contratto. Per quanto mi riguarda, io ho già l’acquolina in bocca per il futuro full-lenght!

Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro

 


Tracklist
01. Aeons Conspiracy  05:34    
02. Universe at Dusk  04:57    
03. Etemenanki  04:26    
04. Vimana  04:32    
05. Eye of the Twins  05:07    

Durata totale 25:11

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