Recensione: Kryptonite

Di Fabio Vellata - 13 Agosto 2017 - 0:01
Kryptonite

Musicisti di esperienza e comprovata abilità, attivi in varie band, che si riuniscono per incidere un album, creando una formazione del tutto inedita proprio per l’occasione.

Esatto. 
Il classico side-project estemporaneo, che magari rimarrà destinato ad un’unica uscita, nato probabilmente più per divertimento che per reale esigenza creativa. Un fenomeno di cui abbiamo avuto innumerevoli esempi in passato e di cui Frontiers music si è molto spesso fatta interessatissima promotrice e sponsor. 
Solo nel corso degli ultimi anni, abbiamo, infatti, potuto apprezzare la validità di Defiants, Tokyo Motor Fist, Revolution Saints, Sweet Lynch Project (ed altri che sicuramente, così, su due piedi, ci sfuggono), esecutori raffinati e musicisti di alto lignaggio, a cavallo di album spesso di elevato valore.

Aggiungeremmo alla lista, dopo parecchi ascolti in serie, anche i newcomers Kryptonite, combo maturato ovviamente in ambienti Frontiers che annovera tra le proprie fila le corde vocali abrasive di Jakob Samuel (The Poodles, su tutti!), il talento chitarristico genuinamente scalciante di Michael Palace (leader dell’omonima band), il basso lineare ed espertissimo di Pontus Egberg (The Poodles, Treat, King Diamond le tappe fondamentali di una carriera in perenne ascesa) ed il drumming arcigno di Robban Bäck, ex Eclipse ed attuale picchiatore dei Mustasch. A chiudere il cerchio, l’immancabile presenza di Alessandro del Vecchio, tastierista, produttore e songwriter che a momenti troveremo coinvolto anche in qualche nuova release di Casadei, tanto è proficua, variegata e richiesta l’opera del tentacolare musicista lombardo.

Una all-star band?
Per il genere, in effetti qualcosa di molto simile.

Gli esiti, nemmeno a dirlo, hanno dalla loro un gran bel po’ di qualità, mutuata dai singoli ed inevitabilmente dallo spessore artistico che ne deriva. 
Lo stile, facile prevederlo, si attesta intorno ad un affascinante ibrido tra Poodles e Treat, emanazione direttissima di quel rock scandinavo che si riverbera in suoni puliti e composizioni assai ricche di melodia, con ritornelli da air play e molta orecchiabilità. La produzione – il cui clavigero è come da prassi mr. Del Vecchio – tenta spesso di gabbare il vecchio per il nuovo, ammantando di soluzioni moderne un approccio che scende – al solito – nelle viscere più profonde degli anni ottanta.
Un menù molto piacevole insomma, che solo di quando in quando si perde in qualche idea un po’ sfruttata e già sentita, come ad esempio il passaggio della solita, zuccherosissima e stucchevole ballad (“Knowing Both of Us”), tributo che “fisiologicamente” va pagato ad influenze ben riconoscibili e palesi.

Con brani di efficacia certa quali “Chasing Fire”“This is the Moment”, “Keep The Dream Alive”, “Love can be Stronger” (molto interessante il testo), “One Soul” e “Better Than Yesterday” il progetto Kryptonite porta a casa una promozione assicurata, frutto di ingredienti che come da copione non possono far altro che convincere gli amanti del melodic rock di radice scandinava, “modernizzato”ed ipermelodico.

Con l’addizionale che, nonostante la provenienza nordica, ascoltati sotto il solleone agostano rendono che è un piacere…!