Recensione: L’ombra dell’Apparenza

Di Daniele Balestrieri - 28 Aprile 2008 - 0:00
L’ombra dell’Apparenza
Band: Sine Luce
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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I Sine Luce sono una band proveniente dalla Sardegna con in attivo un demo pubblicato negli ultimi mesi del 2007, qualche mese dopo la formazione effettiva del gruppo. A dire il vero il gruppo si sarà formato relativamente in fretta, dal momento che stiamo parlando di una delle tante one-man band che negli ultimi anni sono spuntate come funghi grazie all’accessibilità delle strumentazioni sintetiche e alla facilità di registrazione di un prodotto quantomeno decente, cosa che prima del duemila non era propriamente alla portata di tutti.
I gruppi provenienti dalla Sardegna mi hanno finora fatto una buona impressione, e mi riferisco soprattutto al duo Hieros Gamos che nonostante non navighi in buone acque, si è rivelato un buon esponente dell’isola dei quattro mori. Così anche i Sine Luce non spezzano la tradizione del black sardo di qualità.

“L’Ombra dell’Apparenza” è un lungo e straziante viaggio di un uomo alla ricerca della propria anima attraverso un viaggio introspettivo fatto di ricordi, memorie, solitudini e improvvisi flussi di autocoscienza ben documentati da un black metal di stampo incredibilmente decadente e cavernoso, in cui il cantato è sottoposto a un trattamento di riverbero talmente pesante da diventare del tutto indiscernibile, indipendentemente dal cantato in italiano.
Gli strumenti, ma soprattutto la voce, sembrano provenire da una caverna sottomarina e non lasciano speranza: chitarre fruscianti e sabbiose, drum machine martellante e monotona e atmosfere taglienti, sepolcrali oscure e malinconiche fanno di questi Sine Luce un esperimento emozionale e cervellotico che a tratti riporta alla mente Xasthur e la sua musica nebulosa e a tratti il primissimo black registrato negli anfratti più infernali della Norvegia grazie ad alcune melodie (“Dietro Ogni Apparenza“) che esplodono vivide nonstate l’apparente mostruosità introspettiva dei temi trattati.

L’album consta di quattro tracce cantate e di tre interludi strumentali che aprono, interrompono e concludono un demo tutto sommato prevedibile e senza particolari scossoni musicali. Un flusso intenso di black pretenzioso, avvolgente, depressivo e criptico che farà certamente la felicità (o l’infelicità, se questo è lo scopo del mastermind Alessandro Ripetto) di ogni amante del black atmosferico di chiave anglo-teutonica. La mano un po’ meno calcata sulla resa vocale probabilmente beneficerebbe nelle uscite future, che speriamo non tardino troppo.

TRACKLIST:

1 – Prologo / l’inizio di un viaggio
2 – Il dono della follia
3 – Inganno
4 – L’eco del passato
5 – L’ombra del viandante
6 – Dietro ogni apparenza
7 – Epilogo / le vestigia di un viaggio

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