Recensione: L’orizzonte degli eventi

Di Roberto Gelmi - 15 Maggio 2016 - 10:00
L’orizzonte degli eventi
Band: Anacondia
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2015
Nazione:
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75

Storia curiosa quella degli Anacondia. Due compagni di scuola, Gabriele Ramilli, cantante, e Andrea Canonico, tastierista, condividono lo stesso sentire musicale nella Milano del lontano 1995… Nel 2015, l’anno del ventesimo anniversario dalla nascita della band, esce il primo studio album, L’Orizzonte Degli Eventi, la storia ha quasi dell’impossibile. La tenacia è, dunque, uno dei valori fondativi degli Anacondia, insieme a un sound variegato, tra progressive rock, prog. metal, un tocco di folk e psichedelia. L’artwork concettuale è, altresì, memorabile: un’evoluzione umana il cui precipitato è un kafkiano proliferare di blatte, cosa di più fuori dagli schemi?
I quarantacinque minuti di cui si compone il paltter prendono avvio con un opener convincente, dal buon groove, forte di una certa spigolosità delle chitarre. La voce di Gabriele Ramilli ricorda vagamente quella del grande Fish, ma nei frangenti più tirati risulta troppo sguaiata. I testi sono un manifesto contro il conformismo postmoderno: «Falsi Dei miti di plastica insegnano / Scuola e pensiero e volgarità incubi e atrocità»; «Odiare mai ma non siamo come voi!». Tutto funziona tra echi rushiani e linee di basso pulsanti, forse le seconde voci del refrain potevano essere più ficcanti. Il cambio di tempo a tre quarti di brano lascia spazio all’inventiva prog. farcita di dissonanze e sincopi. Arpeggio semiacustico per l’attacco di “Nel silenzio”, pezzo à la Jethro Tull, con inserti di flauto e testi poetici: «Note senza incanto imitano musica / Un’orchestra muta suonerà per me». Incipit suggestivo per “Ideale O Verità”, tastiera, poi chitarra acustica e testi con arcaismi evocativi. Una canzone cullante, un piccolo capolavoro con melodie che stanno tornando in voga, basti ricordare i Dream Theater di “Benath The Surface”. Negli ultimi minuti le chitarre abrasive e un synth regalano unisoni ben centellinati. Intro augurale per “Come Un Fiume In Piena”, che recita: «Come un fiume in piena riempirò le vostre strade / Nelle porte chiuse entrerò con la mia voce.» Questo l’intento degli Anacondia, che vogliono imporsi nell’immaginario sonoro degli ascoltatori, ma in modo discreto (qui le chitarre tacciono). Convincono poco i filtri vocali usati nel prosieguo, i controtempi di batteria invece sono appropriati, si respira aria di PFM.

Gli ultimi tre brani in scaletta occupano metà del minutaggio complessivo del platter. “Un Foglio Bianco” regala qualche emozione: il pianoforte, i testi dall’esistenzialismo morbido («La tua vita come un foglio bianco / Che colori come tu vorrai… »), lo stacco di chitarra classica a metà traccia, le chitarre elettriche che subentrano senza soluzione di continuità rimarcando l’identità sonora degli Anacondia. Pezzo più tirato in tracklist, “Gerico” presenta momenti prog. metal e un’atmosfera epica, ben riassumibile in una delle strofe migliori dei testi: «Orde di nativi sfidano gli eserciti / Benpensanti tramano nascosti dietro ai portici / Le tue promesse valgono la sabbia esposta al vento / Le tue parole contano lo spazio di un momento.» Sembra di assistere all’assedio della città di Gerico, topos che ha trovato grande eco anche in ambito metal. Peccato per la voce di Ramilli e un refrain non all’altezza. In definitiva un inno alla libertà dal buon potenziale ma dall’arrangiamento non impeccabile. Chiude il disco “Il Colore Dell’aria”, solo due strofe, atmosfere dilatate ed echi degl’intramontabili Camel. Un bel finale per un album senza cadute di stile.

L’orizzonte degli eventi è un full-length per un pubblico dall’età più o meno navigata in ambito prog. Punto a favore degl’italiani sono il sound prog. rock con alcuni momenti più pesanti (nel trattamento delle chitarre) e la produzione, non ottimale, ma coerente con la musica proposta e che staglia nel mare magnum di tanti mixaggi fotocopia attuali. Nota dolente le main vocals, quando tentano di essere più incisive ottengono l’effetto contrario risultando quasi sgradevoli.
Difetti, comunque, che non intaccano la solidità della proposta musicale in questione, gli Anacondia meritano un dovuto riconoscimento per la perseveranza dimostrata nel perseguire il proprio sogno artistico.

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

 

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