Recensione: La Danza degli Spiriti

Di Luca Montini - 31 Ottobre 2013 - 0:00
La Danza degli Spiriti
Band: Poemisia
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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65

Dalle lugubri e fosche tenebre emergono le oscure note dei Poemisia: reduci dal palco dell’Agglutination Festival 2012, da un EP autoprodotto dal titolo “L’Occulto Desìo” e da diverse date nel Sud Italia, i giovanissimi goth-symphonic metallers campani hanno siglato qualche mese fa un accordo con l’etichetta romana Spider Rock Promotion. Gli spiriti si sono risvegliati – e danzano, proprio a partire dal giorno di Halloween, simpatica data “simbolica” di uscita per questo lavoro. Un traguardo davvero notevole per la giovanissima band capitanata dalla cantante Tina Gagliotta e dal chitarrista Marco Monaco; risultato raggiunto ad appena due anni dalla nascita del gruppo. Completano la formazione alla sezione ritmica Ciro Scognamiglio e Vincenzo Grande, rispettivamente al basso ed alla batteria, e Giuseppe Carillo alle tastiere.

Il primo elemento di interesse de “La Danza degli Spiriti”, prima ancora dell’ascolto, al di là dell’artwork cimiteriale, opera di Roberto Toderico, è il titolo stesso del platter, rigorosamente in lingua italiana. In un panorama musicale tanto inflazionato come il gothic rivendicare la propria identità in un paese spesso ingrato come l’Italia è un atto di follia o di grande coraggio. Anche perché de facto non solo in italiano parla quest’album. Ma basta ascoltare le prime battute del lavoro per ravvedersi delle ragioni di tale scelta: un incipit decisamente sopra le righe, almeno a livello culturale, con i versi del madrigale “Cruda Amarilli”, opera del compositore italiano Claudio Monteverdi, vissuto a cavallo tra ‘500 e ‘600. L’allitterazione un po’ forzata della “strega” Tina Gagliotta si adatta perfettamente sia nel “Prologo” che nella successiva cavalcata “Cruda Amarilli”. Ottimo il lavoro delle tastiere e della chitarra ritmica, nella parte solista l’impressione è che il Marco Monaco solista si tenga un po’ a freno, un po’ come accadeva nei primi Within Temptation.
Continuo andirivieni dall’italiano all’inglese: dapprima per l’up-tempo “Amnesia”, back again in italiano nella titletrack “La Danza degli Spiriti”, fino alla divertente “Our Star”. La voce da soprano lirico leggero di Tina si diletta a suon di vocalizzi, talvolta azzeccati e talvolta ridondanti, sempre con quel gusto dal macabro al cimiteriale, dall’intimo all’epico che traspare nei testi.
Tra luci ed ombre per “Sonata al Crepuscolo”, nel suo testo mortifero e nelle atmosfere goth, l’album si concede all’ascolto con equilibrio crescente all’aumentare degli ascolti, senza particolari alti e bassi, raggiungendo, dopo la metallosa “The Awakening”, le note più alte della power ballad “The Innocence of a Dead Child”.
Ars Moriendi” ricorda una lontana melodia rinascimentale, con la doppia cassa in assedio come il buon power metal ci insegna. In chiusura “Anemone” (che nasce dal sangue di un sacrificio, se non fosse chiaro) vanta la collaborazione di Sakis Tolis dei black metaller greci Rotting Christ. Da un lato ciliegina sulla torta, dall’altro è lecito chiedersi come mai lasciare il brano in fondo alla tracklist, in posizione forse un po’ sacrificata. Il pezzo è di buona fattura, il carisma di Sakis è innegabile (il missaggio penalizza leggermente la sua voce), anche se ormai le voci iriche femminili con growl maschili non fanno di certo più notizia.

“La Danza degli Spiriti” è un disco d’esordio onesto, con diversi spunti interessanti disseminati tra le righe del pentagramma e nelle liriche grottesche; opera che vede nella performance della talentuosa Tina Gagliotta uno tra i motivi di maggior interesse, coadiuvata da una prestazione pulita e precisa del resto della band, tra tastiere d’atmosfera e cavalcate ritmiche. Di contro, troppo facili risultano le prevedibili critiche ormai stereotipate ma raramente fuori luogo per un genere, il gothic, per il quale quale non bastano un’ottima prestazione, danze macabre, spiriti cinerei, morte e sacrifici per emergere tra le schiere di cloni di Nightwish, Epica, Leave’s Eyes e commilitoni. Abbiamo comunque valide ragioni per credere in questo progetto, in primis la giovane età del gruppo campano e la buona capacità tecnica dei musicisti: solide basi sulle quali costruire qualcosa di importante per il futuro.

“Cruda Amarilli, che col nome, amaro d’amore, amaramente insegni…”

Luca “Montsteen” Montini

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