Recensione: Last Woman Standing

Di Fabio Vellata - 20 Marzo 2011 - 0:00
Last Woman Standing
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Anno: 2011
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78

Lassù se ne intendono e ci sanno davvero fare. Non è certo una novità…

Molto bene. Chiunque abbia scambiato l’inizio di recensione per una presunta e repentina estasi mistica del sottoscritto, si rassegni. È completamente fuori strada.

Quante volte abbiamo sottolineato, alla noia, alla nausea, sino a risultare tediosi, la straordinaria maestria caratteristica delle aree scandinave negli ambiti musicali a noi affini e congeniali?
Dal metallo ortodosso, sino ai versanti più truci, passando per quella particolare magnificenza melodica denominata “rock scandinavo”, le fredde terre del nord Europa hanno sempre saputo catalizzare l’attenzione con un’offerta varia e molteplice di proposte spesso orientate su alti valori qualitativi.
Beh, ecco la novità. I Miss Behaviour arrivano dalla Svezia, suonano scandi rock e, guarda caso, sono una band di classe e spessore, capace di sfornare con il secondo album in carriera, un concentrato di buona musica che accarezzerà per qualche tempo i delicati padiglioni auricolari dei grandi melodic fan.
Abbracciando, peraltro in un sol colpo, tutte le caratteristiche migliori del genere, quasi avessero studiato con massima attenzione, un ipotetico bignami sul come realizzare un disco AOR da manuale per metterne poi in pratica, con somma attinenza alla dottrina, gl’insegnamenti ed i dettami.

Orbene, domande riservate agli affamati d’armonie che profumino di sogni ad occhi aperti e viaggi nell’ovattato mondo del rock targato (sarebbe meglio dire “marchiato a fuoco”) anni ottanta.
Cosa potremmo mai chiedere ad un disco AOR, per definirlo interessante, o addirittura ottimo?
Melodie ariose? Ci sono.
Suoni di cristallo, atmosfere avvolgenti, buona tecnica? Perbacco, eccoli.
Cori orecchiabili, voce gradevole e tastiere in primo piano? Tutti lì in bella mostra…

Henrik Sproge ed Erik Heinke, i due fondatori e principali protagonisti del progetto nato nel 2003 a Kalmar, non hanno fatto mancare proprio nulla alla propria creatura per poterle conferire un aspetto che potesse apparire quale emanazione del “big sound” ottantiano, costruendola con un occhio di riguardo per ambedue i versanti “tipici” del filone stilistico. Quello, naturalmente, scandinavo e, immancabile, quello di radice statunitense.
Tantissimi Treat, un po’ di Europe e parti equivalenti di Van Halen, Boston e Danger Danger, sono stati miscelati, ammodernati e filtrati attraverso un’attitudine smisuratamente “nordica” nel concetto di composizione, dilatandone un po’ i contorni, che così appaiono più ovattati e trasognanti, smussandone le asperità – invero minime – e privilegiando su tutto, ambientazioni dall’inconfondibile sapore nord europeo.

I risultati, nemmeno a dirlo, sono buonissimi, in qualche caso persino superiori, e manifestano oltre ad una notevole confidenza con strumenti e pentagramma, anche una buona dimestichezza nel giostrare il songwriting in modo da non renderlo troppo ingessato o saturo d’eccessi derivativi tali da farlo apparire impersonale o privo di un minimo di spina dorsale.
Come a dire, canzoni non proprio ardite ed originali, ma nemmeno una pedissequa e sterile rielaborazione di quanto offerto da altri e più autorevoli esponenti di settore.
Chi poi, volesse il solito elenco degli episodi migliori, potrà essere soddisfatto, una volta tanto, nello scoprire l’omogenea campitura qualitativa dell’album, di buona resa, di piacevole ascolto e di interessanti possibilità di durata nel tempo, pressoché in ogni brano compreso in tracklist.

Che l’immaginario suscitato dalla magia di un’epoca nemmeno tanto distante, eppure mitizzata, come quella risalente agli eighties, sia una specie di chiodo fisso per i Miss Behaviour, è la stessa copertina del cd a testimoniarlo. Una piccola miniera di riferimenti ad eroi televisivi, icone e fotogrammi risalenti a venticinque anni fa.
Il bello è scoprire, che non solo figure ed ispirazioni, ma parimenti, la bontà della musica inclusa in “Last Woman Standing”, riesce nel non facile intento d’allinearsi all’elevato profilo delle release di un decennio indimenticabile per un certo tipo di suono, fondamentale per l’elaborazione di un modo, unico e distintivo, d’interpretare le melodie.

Qualcuno li ha un po’ incautamente già paragonati a The Poodles e H.E.A.T., recenti compagni di tour e due degli astri più splendenti dell’attuale scena scandinava.
Ad ascoltarli per bene un po’ di volte, verrebbe da dire che, forse, l’accostamento non è davvero poi così campato in aria…
 
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Tracklist:

01.    1988
02.    Cynthia
03.    Give Her A Sign
04.    Perfect War
05.    Average Hero
06.    Till We Meet Again
07.    Taking Hostage
08.    Emergency
09.    Living The Dream
10.    Last Woman Standing
11.    11th Hour

Line Up:

Sebastian Roos – Voce / Basso
Erik Heinke – Chitarre
Henrik Sproge – Tastiere
Anders Berlin – Batteria

Special Guests:

Roland Grapow – Chitarra su “Perfect War”
Kajsa Berg – Voce su “Last Woman Standing“
Daniel Gese – Batteria su “Till We Meet Again”

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