Recensione: Left Hand Path

Di Matteo Bovio - 30 Giugno 2003 - 0:00
Left Hand Path
Band: Entombed
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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100

Se il Death metal ha tale nome un motivo ci dovrà pur essere… e credo che un ascolto a Left Hand Path sia ciò che meglio di ogni altra cosa può togliere qualunque dubbio. Leggendo qualche tempo fa un’intervista ai Bloodbath ricordo perfettamente di come sentii parlare loro delle “atmosfere di quell’album”: proprio questo fa la differenza tra questa uscita e le tante che le hanno fatto seguito nel corso degli anni. Musica che tra le sue note cariche di un’aggressività ancora molto influenzata dall’attitudine Thrash riesce a distinguersi da tale genere, a darsi un’impronta appunto marcatamente Death; e non solo per una questione di stile, altrimenti sarei qua a descrivere un album fra tanti, quanto proprio per la costante presenza di quell’alone oppressivo e oscuro che è stato il marchio di qualità delle più grandi uscite dell’inizio della scorsa decade.

La title-track, la canzone con la quale gli Entombed si presentarono al mondo, è ancora oggi uno dei più grandi documenti delle potenzialità di questo genere. E’ la prova di come dei semplici arrangiamenti su una base massiccia possano farci dimenticare l’aspetto tecnico e lasciarci solo sensazioni… Aggressiva nell’incipit, decadente nel finale, sempre e comunque incredibilmente Death! Non voglio poi negare come questo album sia stato fondamentale anche nel dettare alcuni dei canoni stilistici del genere, ma mi sembra veramente riduttivo fermarsi a questa considerazione; considerazione importante, per carità, ma che non sempre fa la differenza tra un ottimo album ed un capolavoro.

Chitarre senza troppa compressione, voce piena di riverbero e urlante sofferenza e rabbia, dettagli tecnici che perdono il loro significato offuscati dalla loro componente ben più importante, dal loro ruolo che li vede parte integrante del cd forse più opprimente che il Death metal ricordi. Dai rallentamenti di “Morbid Devourment” non si scappa, solo un ascolto totalmente distaccato può evitare il coinvolgimento di quel riffing così chiuso su un mondo che oggi sembra non voler più riaffacciarsi nella musica. O “Carnal Leftlovers”, altra traccia che serve a spiegare a chi ancora non l’ha accettato perchè ha senso essere nostalgici, perchè rimpiangere il passato di un genere spesso non sia solo un banale luogo comune.

E poi ovviamente non si può non far menzione di “But Life Goes On” (che era anche il titolo del loro primo demo col nome Entombed), traccia che a quanto pare deve essere ben presente nei loro cuori, visto che non hanno mancato di riproporcela nella loro recente apparizione a Codevilla. I Possessed sono ancora presenti in tracce come questa, ma quello che emerge a grandi lettere è il nome Entombed, ormai quasi definitivamente slegato da qualunque possibile termine di paragone, pronto per essere egli stesso il nuovo metro per le band a venire.

Non passerà molto tempo, ed arriverà un altro lavoro da annali del Death metal, questa volta dal titolo Clandestine. Tutto, per usare termini molto in voga nella critica musicale, sarà più maturo: testi, riffing, strutture… A rischio di apparire retorico, ammetto che io li preferivo così, istintivi e grezzi. D’altra parte Left Hand Path non era probabilmente replicabile, ed è giusto che certi lavori rimangano incontaminati, liberi, almeno loro, di essere puri, intoccati ed intoccabili. Un inchino di fronte alla storia del Death metal.
Matteo Bovio

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