Recensione: Legacy of the Catacombs

Di Alberto Fittarelli - 8 Novembre 2007 - 0:00
Legacy of the Catacombs
Band: Nile
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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79

Con la chiusura del contratto Relapse, per i Nile
si è decisamente chiusa un’epoca. Un periodo fondamentale, a detta di molti
anche il migliore possibile per quanto riguarda la qualità delle loro
produzioni, con in testa un In Their Darkened Shrines che
indubbiamente ha segnato un picco assoluto nel brutal death moderno, e con
quattro album intoccabili, sin dal debutto Amongst the Catacombs of
Nephren-Ka
.

Non c’era quindi dubbio che l’etichetta americana
volesse terminare la sua collaborazione con la band “egizia” nel
migliore dei modi resi possibili dal business: nella fattispecie un vero e
proprio greatest hits che cogliesse il meglio degli album sopracitati,
ripartendone equamente la tracklist e sapendo fotografare alla perfezione
un’anima musicale in perenne evoluzione. Ma al contrario. Sì, perché i 12
pezzi scelti per questa raccolta, 3 per disco, sono stati ordinati partendo
dall’album più recente, non dal debut.

Ecco quindi che i primi a presentarsi sono i tre
selezionati per Annihilation of the Wicked: la scelta,
bisogna dirlo subito, è ottima, costante di tutto il disco. Si parte infatti
con Cast Down the Heretic, tra le più articolate di un album che ha
rappresentato una svolta per i Nile, con la sua maggiore padronanza di suoni
prettamente brutal; si passa poi Sacrifice Unto Sebek e soprattutto alla
breve ma ferocissima Lashed To The Slave Stick, che al tempo lasciò i
fan del gruppo a bocca aperta per la distanza dal sound del precedente In
Their Darkened Shrines
, con suoni così poco epici (almeno al primo impatto,
in realtà è intatta la loro capacità di evocare atmosfere e tempi perduti) e
così diretti.

Ma In Their Darkened Shrines interviene
subito dopo con Execration Text e Sarcophagus, fulminea quanto
breve la prima, lenta, doomeggiante e oscura la seconda; pezzi che lasciano però
spazio a quello che è forse l’indiscusso capolavoro dei Nile, Unas Slayer Of
The Gods
: quasi 12 minuti di atmosfera, violenza, riti macabri e tempeste di
sabbia nel tramonto sul deserto, qualcosa di irraggiungibile e, ad oggi, mai
imitato dalla band stessa, che ha sapientemente optato per soluzioni diverse per
non doversi ripetere. Un vero gioiello di stratificazione compositiva, che usa
tanti elementi ed idee da far impallidire i più strutturati gruppi progressive
(e con essi intendo anche i loro parenti estremi), infondendo allo stesso tempo
un’anima, una forza indelebile in ogni singola nota.

Per questo passare a Masturbating The War God
e, con essa, a Black Seeds of Vengeance è quasi doloroso, per
quanto questo album si attesti ancora una volta a perla della discografia
estrema contemporanea: una produzione un pelo meno potente e organica, ma pezzi
basati su scale che si imprimono immediatamente nella mente dell’ascoltatore,
per quanto l’amalgama sia già complesso. Chapter For Transforming Into A Snake,
per quanto ottima, è quasi un intermezzo di fronte all’arrivo della title-track
Black Seeds Of Vengeance, col suo storico coro finale.

Si passa così alle conclusive tre tracce provenienti
dal seminale debutto, che tanto scalpore destò al momento della sua uscita:
Howling Of The Jinn e l’urlo del demone del deserto, Barra Edinazzu e Smashing
The Antiu sono, prevedibilmente, i pezzi più “semplici” (virgolette
d’obbligo) di un lotto molto ricco, ma non per questo meno affascinanti.

La raccolta fa perdonare la mancanza di pezzi inediti
o rarità varie inserendo un DVD con i 3 videoclip rilasciati su Relapse dalla
band: il migliore, quanto a concept, è sicuramente quello di Sarcophagus,
che ritrae la band con la sua migliore formazione (con Joe Vesano a voce e basso
e Tony Laureano alla batteria) e in un contesto scenografico semplice ma
direttamente collegato alle tematiche egizie della sua musica. Diversi, ma
altrettanto affascinanti (e non per le sempre buffe mimiche facciali di Dallas
“Dr. House” Toler-Wade) sono i clip di Execration Text e Sacrifice
Unto Sebek
: il primo, registrato sempre con la stessa line-up di cui sopra,
vede la band all’opera in uno studio nudo e crudo; niente contesti particolari,
ma è un piacere per occhi e cervello vederli suonare. Il secondo ritrae la
formazione a 3, con George Kollias dietro le pelli, ed è altrettanto scarno ma
spettacolare.

Una compilation perfetta e consigliata quindi per chi
conosce poco o nulla dei Nile, mentre è ovviamente superflua (ma non per forza
da evitare) per chi già ne sia appassionato: un compendio dell’opera degli
americani compilato con gusto e buonsenso, per una volta. Il tocco in più ad
una discografia già scintillante.

Alberto Fittarelli


Tracklist:

1. Cast Down the Heretic 05:45
2. Sacrifice Unto Sebek 03:03
3. Lashed to the Slave Stick 04:18
4. Execration Text 02:47
5. Sarcophagus 05:10
6. Unas, Slayer of the Gods 11:43
7. Masturbating the War God 05:41
8. Chapter for Transforming Into a Snake 02:26
9. Black Seeds of Vengeance 03:36
10. The Howling of the Jinn 02:21
11. Barra Edinazza 02:47
12. Smashing the Antiu 02:18

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