Recensione: Legions Of Violence

Di Luca Recordati - 27 Ottobre 2012 - 0:00
Legions Of Violence
Band: Prophecy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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67

Sono passati ormai dieci anni da quando il Thrash Metal è tornato in auge e c’è chi, tra i maestri di questo genere, ha cercato di sviluppare un discorso che si allontanasse dal sound creato negli anni Ottanta. Sulla scia poi di quelle bands, sono sorte giovani formazioni che non solo si sono ispirate ai maestri, ma anche al vecchio sound. Tra le tante etichette che propongono bands emergenti e non, troviamo l’EMB Records, tra le cui file spicca oltre ai navigati brasiliani Hirax (di cui non parleremo) anche i Prophecy, provenienti sempre dal paese della samba e del mojito.

La storia dei Prophecy è contorta e nasce negli anni Ottanta, quando la band si chiamava “Biblia Negra” (Bibbia Nera in portoghese). Il gruppo si forma nel 1985 e dopo cinque anni passati a scrivere canzoni in portoghese, inizia a cantare in Inglese cambiando il nome in Prophecy. Come mai il loro debut album è uscito solo nel 2008, tramite Morbid Tales Records (e riedito tre anni dopo da EBM)? In questi diciotto anni il vero problema sono stati i frequenti cambi di formazione, che, comunque, non hanno impedito loro di continuare a suonare in piccoli locali. Nel duemilasei danno alle stampe il loro secondo demo e dopo due anni finalmente registrano l’album “Legions Of Violence”.

Ascoltando per la prima volta l’album, si notano subito le affinità con il sound della Bay Area di San Francisco. Molti sono i gruppi che li hanno influenzati, tra cui spiccano i Testament, gli Exodus del periodo BaloffSouza e i Metallica. Andando per ordine, la voce di Rogerio Avlis ricorda da vicino Chuck Billy, i cori, presentissimi e taglienti, non possono ovviamente non ricordare uno dei capolavori degli Exodus: “Fabulous Disaster”. Infine, le parti strumentali rimandano ai Metallica.

Analizzando a fondo il cd, posso dire però che ci sono più bassi che alti e la pecca vera dei quattro Brasiliani è la voce, troppo monotona e poco graffiante, a tal punto che verrebbe voglia di zittire il cantante. Quando però Rogerio riesce a dare il meglio di sé, ne esce una delle migliori canzoni di tutto l’album: “Lying Prophets” scritta addirittura in portoghese nel lontano ’87 e poi incisa nuovamente in inglese. Le peculiarità di questo brano sono: i cori, la parte strumentale martellante soprattutto nell’intro e nella conclusione, dove si sente l’uso della doppia cassa e infine linee vocali che si muovo tra l’acuto e il basso. Purtroppo l’album non riesce a continuare su questa linea, ma rimane nell’ombra per i problemi indicati sopra. Alla traccia sette compare “Paradigmatic Reality”, ben riuscita soprattutto per l’intro iniziale nel quale esce finalmente allo scoperto, anche se rimane in sottofondo, il basso, che nelle altre tracce risulta troppo in penombra. Purtroppo però all’ottava traccia arriviamo al punto più basso di tutto l’album con “Evilution”. Parte sempre con un momento strumentale, ma quando si arriva al ritornello, il cantante adotta uno stile vocale diverso e più acuto rispetto alla sua voce bassa, risultando quasi fastidioso, nonostante gli altri musicisti ci diano dentro; bello l’assolo di chitarra. “Namless”, tutta strumentale come l’ouverture, ricorda in alcuni passaggi addirittura l’intermezzo strumentale di “Master Of Puppets” dei Metallica. L’album poi finisce con due buone canzoni, “The Game is Violence” e “Legacy Of Ashes”, che potrebbero essere le più belle, ma non lo sono, pur avendo un songwriting più maturo soprattutto per quanto riguarda gli strumenti, ma come sempre la voce è monotona e rovina quanto di buono è stato fatto.

Purtroppo non mi sento di bocciare completante questo debut album, perché le parti strumentali sono tutte ottime e verrebbe voglia di ascoltarle nonostante, come ripetuto più volte, la voce sia fastidiosa perché sovrasta tutti gli strumenti e sia mixata con un volume più alto e in primo piano. Avendo a disposizione il promo digitale e non il prodotto finito, però, va detto che quest’ultimo potrebbe beneficiare di suoni migliori. Credo inoltre che sia evidente il fatto che alcune canzoni siano state scritte negli anni Ottanta e altre più recentemente. Li aspetto al varco del secondo album, sapendo che le basi sono solide e sperando che non passi così tanto tempo tra la scrittura di una traccia e l’altra.                

Luca Recordati

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Tracklist:

1. Overture (1:30)

2. When Insanity Calls (3:38)

3. Lying Prophets (3:52)

4. Agony Within (5:11)

5. Empty Life (5:03) 

6. Risen From Hell (3:39)

7. Paradigmatic Reality (4:46)

8. Evilution (4:25)

9. Namless (4:35)

10. The Game (Is Violence) (5:59)

11. Legacy of Ashes (3:54)  

Lineup:

Rogerio Avils: voce e chitarra

Tauan Rithmains: chitarra

Amaury Garcia: Basso

Diego Azevedo: Batteria

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