Recensione: Let The Demon Rock ‘n’ Roll

Di Enzo - 17 Luglio 2005 - 0:00
Let The Demon Rock ‘n’ Roll

“There are no Drum samples on this record, no sequences, no Voodoo or Autotune or any cheating. This record contains the pure performances of the musicians and singers, Enjoy”.
Bobby Barth, produttore.

E’ con le parole del mitico produttore B.B. che mi sento in dovere di introdurre questo splendido album di hard rock/class metal più puro ed intransigente. Ragazzi l’Italia può vantare tantissime band di notevole caratura (specie nel settore dell’Heavy Metal d’intenzione epica) ma è la prima volta che riesco a sentire un album, come questo, dalle sonorità dedite a quell’Heavy Metal di classe, quell’Hard Rock melodico tendente all’AOR music di più pregevole fattura, che rese grandi i vari Signal, Diamond, Stryper e così via. Il disco, con mio grande stupore, vede addirittura alla produzione Bobby Barth (mente degli storici Axe) ed alla voce Bob Harris (attuale singer degli Axe). Non credo ci sia ulteriore bisogno di presentazioni quindi, veniamo al dunque.

Un riff roccioso ed imponente introduce la funambolica The Machine, il sostenuto andamento musicale intervallato dai melodici e bellissimi refrain è preludio a ciò che ci aspetta in questo incredibile platter: pura classe. La successiva Shade of November (Dokken meets Malmsteen) si rivela essere una hit assoluta dell’album, ragazzi in Italia purtroppo nessuno sarebbe stato in grado di intonare queste incredibili melodie se non un maestro dell’hard’n’heavy melodico qual’ è Bob Harris, qui ci vuole un singer che conosca cosa voglia dire suonare come i vari Dokken, Signal, Stryper, Giuffria, Q5 e compagnia bella, non ci sono versi. La successiva One Last Surrender è un’altra indiscussa perla di questo disco. Qui le tastiere di Alessandro Del Vecchio accompagnano il granitico e sognante muro sonoro strumentale intessendo delicate eppur eroiche melodie che sfociano nello splendido refrain sempre sapientemente scandito dall’ottimo drumming di Jovino. Nella successiva fast song Crime of Passion la band si sposta su territori musicali all’insegna di un heavy rock più sanguigno e granitico mentre con l’anthemica Let The Demon Rock ‘n Roll (che fa il verso ai Black Sabbath di Heaven And Hell) il sound del gruppo diventa addirittura più cupo e solenne.
Di tutt’altro stampo si rivela essere l’affascinante ballad A Deep Emotion, costruita addirittura su di una pomposa ed elegante melodia. La sbarazzina e rocckeggiante Feel Like Burning cede ben preso il passo (musicale ovviamente) al capolavoro classy che viene a nome di Mounth of Madness (che refrain ragazzi!) mentre con la AOR oriented In My Eyes la band riesce a piazzare un colpo di splendida AOR music mai banale e mai scontata. Il compito di chiudere il disco è affidato all’incredibile Class Metal di Edge of Forever dal flavour addirittura epico. La song grazie alle sue atmosfere orientaleggianti, alla sua rocciosa costruzione melodica, alla classe sopraffina dei suoi splendidi riff chitarristici ed ai clamorosi quanto epici refrain (si, proprio epici) è una sintesi perfetta delle sonorità che questa incredibile band è riuscita a regalarci.

In conclusione il disco non presenta cedimenti di sorta, la produzione è cristallina e perfetta, certo, un artwork più “personale” gioverebbe ulteriormente e se il bassista ed il chitarrista riusciranno a calibrare maggiormente i loro strumenti sulle coordinate che resero grandi i vari Jeff Pilson e Floyd Rose le cose non potranno che migliorare ancor più. Alla fine dei conti, questa, cari ragazzi, è hard’n heavy music di raffinatissima fattura. Solo per intenditori, ovviamente.
Vincenzo Ferrara