Recensione: Let The Truth Be Known

Di Fabio Vellata - 18 Dicembre 2008 - 0:00
Let The Truth Be Known
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Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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55

Nome altisonante e di grande prestigio, annoverato tra i grandi miti della sei corde e dell’hard rock, George Lynch non necessita certamente di troppe presentazioni.

Una carriera lunga e complessa, costellata da numerosi cambi d’umore e prospettive, caratterizzata dal tormentato rapporto con il leggendario Don Dokken e dalle voglie soliste sempre più sperimentali che, via via, nel corso degli anni, hanno preso piede, conducendo alla formazione di un modo di comporre difficile ed ermetico, unito a scelte talora controverse e non sempre condivisibili.
Souls Of We è la nuova incarnazione musicale del grande artista americano, progetto di coriaceo “modern rock”, reso concreto grazie all’aiuto dell’amico, ed ex Bride Of Destruction, London DeGrand, singer dalle buone capacità espressive, del tutto consono ad un ruolo di frontman in una tipica band di ruvido ed alcolico hard rock.

L’idea era semplice. Costruire un disco robusto e vitaminico, mescolando spunti, idee ed attitudini, in cui poter riconoscere ingredienti della vecchia scuola, amalgamati con il “nuovo” e l’attuale. Con quella forma d’espressione cioè, che partendo dai Soundgarden in poi, ha radicalmente modificato il modo di intendere il rock duro, azzerandone in pochi anni quelli che, sino ad allora, ne erano stati gli immancabili capisaldi stilistici.
Suoni più corposi e non già cristallini dunque, atmosfere nervose, divagazioni al limite dell’allucinato e melodie per nulla aperte ad afflati di morbida e soffusa eleganza.

Premesse in qualche modo stimolanti e curiose, nelle attese, sicura garanzia di massiccia energia che, corroborata dalle doti tecniche eccelse di Lynch, addizionate di un adeguato gusto compositivo ed aiutate da una buona lista di ospiti illustri (Jeff Pilson e Bobby Jarzombek su tutti), sembravano, sulla carta, poter dare origine a qualcosa di “diverso” ma effettivamente valido.

Aspettative che purtroppo, alla luce di quanto ascoltato negli oltre sessanta minuti di “Let The Truth Be Known”, paiono piuttosto tradite e deluse, prigioniere di una forma in cui le atmosfere granitiche, la tecnica e la sperimentazione sono componenti in primissimo piano, ma dove, allo stesso tempo, la monotonia, la scarsa ispirazione e la totale mancanza del benché minimo spunto melodico degno di nota, sono aspetti d’altrettanto e forse più pesante rilievo.
Bizzarro e farraginoso, il nucleo di brani proposti, in sostanza, non regala mai attimi di particolare dinamismo, naufragando nello sterile ed asettico autocompiacimento ed in una narrazione musicale pesante ed indigesta, incapace soprattutto, di suscitare grandi emozioni.

Gli esempi sono presto fatti. Le sole “Key Of Noise”, “Crawling” e “Push It”, tre estratti molto indicativi, sono più che sufficienti a descrivere con buona precisione quanto appena riportato.
Piatte e ripetitive, riconducono la propria essenza al suono di Seattle, lasciando da parte però le cose buone che, ne va dato atto, furono in grado di offrire i vari Soungarden ed Alice In Chains, per avvitarsi piuttosto su sonorità tediose ed al limite della noia.
Considerando poi che episodi come “Everything I Want” e “St. Jude”, nella loro similitudine con i Queensrÿche del periodo “Q2K” e “Tribe”, possono essere considerati i momenti migliori dell’intera tracklist, null’altro si può fare che dar credito alla sensazione di essere al cospetto di un album ottimo nelle intenzioni, ma per nulla vincente nella realtà dei fatti e ben lontano da qualsiasi spunto lontanamente paragonabile all’antica grandezza

A qualcuno piacerà, è sicuro. Chi riuscirà ad identificarsi in stilemi così aridi e privi di scorrevolezza, potrà di certo trarre godimento dall’ascolto di un disco come “Let The Truth Be Known”.
Personalmente ho faticato, sin dal primo passaggio, a giungere alla conclusione dei quattordici brani, riducendo i pochi attimi d’interesse a brevi e saltuari episodi rilevabili sporadicamente.

Un disco difficile e controverso insomma, su cui, ad ogni modo e come sempre in questi casi, ognuno avrà piena libertà di scelta e valutazione.

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Tracklist:

01. Let The Truth Be Known
02. January
03. Skeleton Key
04. Everything I Want
05. Key Of Noise
06. Sorry To Say
07. Crawling
08. St. Jude
09. Gandhi`s Got A Gun
10. Push It
11. Psycho Circus
12. Nork 13
13. Adeline
14. Under The Dead Tree

Line Up:

London LeGrand – Voce
George Lynch – Chitarra
Johny Chow – Basso
Vael – Batteria

Guest:

Jeff Pilson – Basso
Fred Leclercq – Basso
Mike Hanson – Batteria
Bobby Jarzombek Batteria
Mike Wengren – Batteria
Patrick Johansson – Batteria

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