Recensione: Let Them Eat Pussy

Di Alessandro Zaccarini - 6 Gennaio 2005 - 0:00
Let Them Eat Pussy
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Anno: 1998
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70

Si può essere più Motorhead dei Motorhead? Direi assolutamente di no, ma tentar non nuoce. I Nashville Pussy, abbracciata questa filosofia, ci provano nella musica e nel look (vedi l’uomo che risponde al nome di Blaine Cartwright) con questo album fottutamente e dannatamente Rock’n’Roll che ai Motorhead si avvicina non poco.

Sudisti fino al midollo, più iconograficamente che musicalmente (il monicker, in questo senso, è una garanzia), le Vulve del Tennessee si lanciano in 27 minuti di grezzume e sfrontatezza spalmati in 12 brani che, salvo per la finale Fried Chicken And Coffee, non superano mai i 3 minuti. Vere e proprie canzonette scuoti-testa, tutte simili in struttura e musica, concepite esclusivamente al fine di divertirsi e divertire nel nome di un’attitudine che da sempre, fortunatamente, accompagna la parte più goliardica della scena hard rock. I passi che i Nashville Pussy seguono con tanta dedizione sono quelli dei gruppi che negli anni ’70/’80 facevano storcere il naso a una società perbenista e bigotta (soprattutto in Italia e in Europa) ancora lontana dagli abusi contemporanei. Ac/Dc, Ramones, e tutto l’irriverente movimento Street Rock che proliferava nei paesi anglosassoni e che era ancora non era stato investito dalle ventate depresse e  moderniste degli anni ’90. Pezzi veloci e aggressivi che fondono tanti tratti caratteristici del punk-rock dei tempi che furono (Go Motherfucker Go, All Fucked Up, 5 Minutes To Live), al groove elettrizzante e ai soli trascinanti che hanno fatto grande l’hard rock degli anni ‘70 (Johnny Hotrod, Somebody Shoot Me, Eat My Dust). Niente parti acustiche, niente ballate, niente che non sia una buona e spartana impalcatura per una storia di sesso o di strada, temi centrali di tutti i testi.

Non lasciatevi dunque ingannare dalla provenienza geografica perché la band viaggia su binari assai distanti da istituzioni del southern rock come i Lynyrd Skynyrd. Sebbene dal lontano 1967 proprio a Nashville si trovino la Hall Of Hame e il museo della musica Country, anche le sfumature blues e country latitano tremendamente in un album che ha i suoi punti di forza nei riff veloci e banali, negli strumenti indisciplinati che fischiano di tanto in tanto e in linee vocali rauche e sgraziate. Caratteristiche che faranno assai felici i fan del vecchio Lemmy, mentre lasceranno deluso chi era in cerca di un album uscito dalla classica scena del sud-est degli States.

Pur non possedendo assolutamente nulla che non abbiate già sentito altrove, pur non avendo nulla di così geniale da essere ricordato negli anni (artwork a parte, ovviamente) Let Them Eat Pussy rende onore a tutti coloro che dal lontano 1955 credono nella genuina irruenza del Rock’n’Roll e lascia accese le speranze riguardo al futuro del genere. Astenersi non perditempo.

Tracklist:
01. Snake Eyes
02. You’re Goin’ Down
03. Go Motherfucker Go
04. I’m The Man
05. All Fucked Up
06. Johnny Hotrod
07. 5 Minutes To Live
08. Somebody Shoot Me
09. Blowin’ Smoke
10. First I Look At The Purse
11. Eat My Dust
12. Fried Chicken And Coffee

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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78