Recensione: Linoleum

Di Massimo Ecchili - 1 Gennaio 2010 - 0:00
Linoleum
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Anno: 2009
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44

La prima domanda che viene in mente dopo l’ascolto di Linoleum, EP che dovrebbe rendere meno spasmodica l’attesa per l’uscita del nuovo full length dei Pain Of Salvation, è: dove, quando e perché si è smarrito Daniel Gildenlöw? La seconda, diretta conseguenza della precedente, è: che fine hanno fatto i Pain Of Salvation per come li conoscevamo?
Forse per capirci qualcosa giova andare per gradi.
La band svedese dà alle stampe quattro dischi, dall’esordio Entropia nel 1997 a Remedy Lane nel 2002, capaci di mettere d’accordo appassionati e critica, unanimemente entusiasti di fronte allo spessore artistico delle composizioni da ogni punto di vista, a cominciare dalle soluzioni musicali adottate, passando per i repentini e continui mutamenti di atmosfera, arrivando alla qualità indiscutibile delle liriche. Nel 2004 arriva BE a dividere gli ascoltatori: l’abbandono pressoché totale delle sonorità metal, soppiantate da nuove influenze che vanno dal musical al folk, spiazza più di qualcuno. Se però è evidente che questo rimarrà un capitolo sui generis nella discografia dei Pain Of Salvation, arriva nel 2007 Scarsick a confermare a tutti che difficilmente sentiremo nuovamente il gruppo che per un lustro aveva deliziato tutti coloro che si erano invaghiti dei primi quattro lavori.

L’uscita di questo Linoleum ha spazzato via i pochi ed eventuali dubbi che potevano permanere a riguardo, come una violenta folata di vento autunnale distacca dai rami le ultime foglie secche che avevano resistito brevemente all’inevitabile.
L’inizio è affidato alla title track, brano che si salva unicamente grazie ad un chorus alquanto orecchiabile, che facilmente rimarrà in mente all’ascoltatore. Anzi, risulterà uno dei pochi ricordi una volta giunti alla fine di questo disarmante EP. Ma se, come anticipato, il ritornello si può anche salvare, le strofe impongono un interrogativo al quale, evidentemente, non si può trovare risposta: che senso può avere per un singer del calibro di Daniel scimmiottare Eddie Vedder? Mortar Grind non si fa notare più di tanto, penalizzata come tutto il resto da una produzione al limite dell’imbarazzante, con ogni probabilità volutamente retrò, che ottiene come unico effetto di appiattire tutto. Peccato, perché le premesse non sono male; il giro iniziale di chitarra poteva portare a ben altro, invece anche questo, come tutti i pezzi, sembra implodere in sé stesso, risucchiato in un vicolo cieco di banalità. Con l’espressione di chi viene preso a cazzotti da un caro amico senza motivo apparente, giungiamo così a If You Wait, brano più rilassato che con ogni probabilità avrebbe la pretesa di risultare toccante. Purtroppo anche qui tutto risulta statico e l’impressione è che una buona idea di partenza si a stata trasformata in un tutto scialbo, anziché dare il via a qualcosa che potrebbe essere stato, ma non è. In Gone fanno capolino echi dei Radiohead che furono, più che altro per l’atmosfera intimista del pezzo; mancando il climax, però, ci troviamo di fronte ad un brano che si trascina per quasi otto minuti senza meta, e, una volta finito, lascia ancora una volta l’amaro in bocca. Tralasciando l’inutile Bonus Track B, che consiste unicamente nella registrazione delle voci dei componenti della band, intenti a discutere tra di loro (lasciamo a chi legge scoprire l’argomento), giungiamo stancamente al finale affidato a Yellow Raven, senza dubbio la migliore traccia del lotto (ricordandoci che si tratta di una cover degli Scorpions), che, se non altro, riesce ad esprimere un minimo di dinamicità a livello di sezione ritmica, ed un buon lavoro solistico alla chitarra, per il resto decisamente in ombra.

Arrivati alla fine di questo Linoleum, resta solo da capire per quale motivo i Pain Of Salvation abbiano deciso di immettere nel mercato un lavoro di questo tipo: statico, piatto, con una produzione al limite del dilettantesco. L’impressione, forte per altro, è che questo sia più un disco cantautorale di Gildenlöw che l’ennesimo cambio di rotta del combo svedese. Non manca, a dire la verità, un certo continuum con quanto sentito in Scarsick, ma qui è evidente che la musica sia passata inesorabilmente in secondo piano. Ciò che risulta difficile da comprendere è se ci troviamo di fronte ad un effettivo percorso stilistico, o se quanto appena ascoltato sia da considerare come un passo falso, questa volta non camuffato neanche dallo sconfinato talento del buon Daniel.
Ciò che deriva è nuovamente un quesito ossessivamente insistente: perché uno scultore, giunto a buon punto nel creare un’opera di spessore artistico assoluto, si accanisce a colpi di cesello togliendo e togliendo e togliendo, ritrovandosi alla fine con un blocco talmente esile da non potergli più dare una forma? Ma questo, forse (e purtroppo), non lo sapremo mai.

Massimo Ecchili

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Tracklist:

01 Linoleum
02 Mortar Grind
03 If You Wait
04 Gone
05 Bonus Track B
06 Yellow Raven (Scorpions Cover)

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