Recensione: Live at Budokan [DVD]

Di Riccardo Angelini - 11 Febbraio 2005 - 0:00
Live at Budokan [DVD]
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Anno: 2004
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80

Secondo dvd live per i re del neo-prog Dream Theater, dopo l’ottimo Metropolis 2000: Scenes from New York. Questa volta il palcoscenico è dall’altra parte del mondo, in quel Budokan di Tokyo che ha già ospitato istituzioni musicali quali Beatles, Bob Dylan, Eric Clapton, Cheap Trick ed Ozzy Osbourne. Dunque un grande giorno per la band americana – oppure, se preferite seguire la linea di Portnoy, un grande giorno nella storia del Budokan – e l’evento è immortalato in questo doppio dvd, presentato in una confezione sobria ma elegante, oltre che da un triplo cd acquistabile separatamente. Vediamone il contenuto in dettaglio.  

Disc 1: il concerto.

I cinque americani arrivano a Tokyo ad un anno di distanza dallo sperimentale (ed in parte deludente) Train of Thought, logico dunque aspettarsi che buona parte della scaletta sia dedicata ai brani di quest’ultima uscita ufficiale. Basterà poi un rapido sguardo alla setlist per rendersi conto che gli album da cui il gruppo attinge con maggiore frequenza sono i più recenti, ed in particolare Six Degrees of Inner Turbolence e Falling into Infinity. Mancano dunque molti dei pezzi storici che hanno reso grande la band, e se ciò da un lato rappresenta la più grossa (e forse unica) pecca dell’esibizione, dall’altro manifesta la volontà di Portnoy e soci di confermarsi ad alti livelli senza adagiarsi sugli allori dei passati successi, nonché di risparmiare ai fan un doppione di quanto proposto negli altri dischi dal vivo. Dal punto di vista tecnico, bastano pochi minuti per sincerarsi dell’ineccepibile qualità audio-video e del sapiente montaggio delle inquadrature, varie ed abili nel intercettare i passaggi salienti di ogni strumento, segnale della grande cura profusa nella realizzazione del prodotto. Ma veniamo al contenuto. Si accedono le luci e lo show ha inizio. I nostri sembrano credere molto nel potenziale (ancora) nascosto di As I Am, tanto che dopo averla resa disponibile come antipasto dell’ultimo full-lenght, la scelgono anche per aprire le danze di questo Live at Budokan. Il pubblico giapponese, amante soprattutto del lato ‘metal’ del combo americano, sembra comunque gradire, e tutto sommato ne ha ben donde. Libero dai filtri vocali che ne avevano contaminato l’ultima prova, fino a renderlo quasi irriconoscibile, un James Labrie sulla via del recupero si cala immediatamente nelle parte del mattatore della serata, interpretando il brano con grinta e passione. Ma il bello deve ancora venire, e non si farà attendere a lungo. In terza posizione infatti, direttamente dall’eccellente Metropolis pt. 2, è pronta la graffiante Beyond this Life: al di là della bellezza intrinseca del pezzo, qui il vero valore aggiunto è un lungo (più di otto minuti!) excursus strumentale, tributo al grande Frank Zappa, che vede Petrucci lanciare le dita in una danza frenetica ed irresistibile sulle sei corde, per poi cedere il passo al duello senza esclusione di colpi tra le tastiere di Rudess ed i tamburi di Portnoy. Ottimo inizio. I toni si smorzano con l’intima Hollow Years, brano relativamente semplice se confrontato con gli standard cui il gruppo ormai ha abituato, eppure di immediato impatto emozionale. Ma ecco subito una brusca accelerazione, che in pochi minuti scaraventa pubblico ed ascoltatore tra gli ingranaggi dei micidiali riff di The Test That Stumped Them All, ancora più frenetica e veloce rispetto alla versione di Six Degrees…: decisamente il brano più potente e devastante tra quelli proposti. Seguono il peggio ed il meglio della serata: dopo la non positiva Endless Sacrifice, che non aveva convinto al momento dell’uscita e non convince neppure in quest’occasione, giungiamo sulle soglie del sublime con la straordinaria Instrumedley, emozionante rivisitazione strumentale della gloriosa storia della band: da Overture 1928 ad Erotomania, da Ytse Jam a Metropolis pt.1, passando per Dance of Eternity, A Change of Season e perfino l’esperienza dei Liquid Tension Experiment. Sbalorditiva come al solito l’esecuzione tecnica, a partire dal basso dinamico e sempre precisissimo di Myung (altrove non sufficientemente valorizzato a livello sonoro). Vero è che se solo potessero le orecchie piangerebbero di commozione davanti a tanta bellezza espressa in musica, e non stupitevi se una dozzina di minuti più tardi, mentre gli strumenti abbasseranno la voce, vi ritroverete supplicanti in ginocchio a chiederne ancora. Durante la convalescenza Trial of Tears aiuterà a lenire le ferite ancora sanguinanti, e quando arriverà il momento del fenomenale solo di Rudess la guarigione sarà ormai completa: giusto in tempo per assistere impotenti alla caduta della vostra mascella, annichilita dalla classe sopraffina ed un po’ pazzoide del fenomenale tastierista di Nuova York. Per chi non si accontenta della mera (si fa per dire) esibizione di tecnica, è pronto di qui alla fine un climax di feeling ed intensità straordinari. E’ solo una questione di tempo infatti prima di essere conquistati dal ritmo saltellante e dalle melodie ammiccanti di un vecchio classico ripescato dalle nebbie del primo When Dream and Day Unite, ma rimasto nei cuori dei fan più incalliti. Labrie ancora una volta si conferma in grande condizione, e conduce le danze con grande personalità senza mai concedersi cali di tensione o sbavature. Cambiano i toni, rimane la classe: tanto nella straordinaria Stream of Consiouness, la fonte di luce che col suo splendore aveva rischiarato le tenebre musicali di Train of Thought, quanto nei momenti di pura emozione che le note drammatiche di Disappear riescono evocare dai recessi più profondi dell’animo. “Dulcis in fundo” ordinavano in Roma, ed i nostri obbediscono: bastano pochi attimi al pubblico giapponese per riconoscere ed acclamare con un boato la dirompente ed inarrivabile Pull Me Under, ed unirsi ad uno stoico Labrie nell’ormai celeberrimo chorus. E’ questo il classico che ognuno attendeva ma esitava a chiedere. Sembra tutto finito, ma non sia mai che concerto debba morire così bruscamente, e dunque c’è ancora spazio per prendere congedo con l’episodio finale di Train of Thought. In the Name of God non aveva entusiasmato nella versione da studio, ma grazie alla magia del live anche un brano non eccelso come questo può riuscire a brillare. Ora lo show è davvero terminato: il pubblico applaude e noi con loro. Così, dopo quasi tre ore di musica altissimo livello, il sogno finisce e si torna alla realtà. Alle labbra affiorano solo parole di lode, non solo per l’ormai nota e quasi inumana perizia tecnica di questi musicisti, ma anche per la capacità di valorizzare al meglio una tracklist che era sembrata povera di hits. Solo quanto visto fin qui già varrebbe il prezzo del dvd, ma c’è ancora un intero disco di materiale extra da scoprire…  

Disc 2: bonus material.

Per chi non fosse ancora sazio dopo quanto appena visto ed udito, ecco dunque una ricca e succulenta sezione bonus. Procediamo con ordine. In prima posizione troviamo i trenta minuti scarsi del documentario del tour giapponese, Riding the Train of Thought. Un divertente dietro le quinte che tra una battuta e l’altra non mancherà di allietare i fan, e li metterà a confronto con l’entusiasta pubblico giapponese (il quale probabilmente passerà alla storia dei live come il più tranquillo e morigerato di tutti i tempi). E proprio alcuni bizzarri commenti in inglese sbilenco dei supporter locali si rivelano tra i punti più godibili di un clip saggiamente eterogeneo e che si lascia riguardare volentieri. Seguono due brevi interviste di approfondimento: John Petrucci Guitar World e Jordann Rudess Keyboard World. Gli appassionati di strumentazione potranno così sbalordirsi di fronte all’imponente attrezzatura tecnologica di cui i due fanno sfoggio, a maggior testimonianza della loro grande professionalità e cura per il dettaglio, e scoprire qualche simpatica curiosità su dettagli meno noti al grande pubblico. In particolare, durante la proiezione dell’intervista di John, verrà rivelato il mistero dello “spit-shield” (sic!) che protegge i suoi amplificatori da un certo “cammello” nascosto tra i membri della band… Veniamo ora ad uno dei pezzi forti di questo dvd bonus, collocato alla voce “Mike Portnoy Drum Solo”. Subito Mike ci delizierà  con uno degli inarrivabili assoli che gli sono valsi l’ammissione nella Modern Drummer Hall of Fame, per poi regalare ad un paio di giovani ed emozionati spettatori cinque minuti di gloria accompagnando alla batteria le bacchette impazzite del loro beniamino. Dopo una rapida visione al trascurabile video di apertura del tour 2004, inserito più per senso di completezza che per l’effettivo pregio artistico, si arriva all’ultimo bonus di questo dvd. Si tratta di una nuova versione dell’Instrumedley già ammirata in precedenza, arricchita da un nuovo montaggio video che sfrutta appieno le molteplici angolazioni delle telecamere per migliorare ulteriormente la resa visiva e porre maggiore enfasi sugli strumenti di volta in volta protagonisti. Nulla di irrinunciabile, certo, ma una chicca che i veri fan (ed i fanatici della regia) sapranno di sicuro apprezzare.  

Che dire in conclusione che non sia già stato detto finora; ma soprattutto che dire che non abbiano già detto gli strumenti? Un’esibizione impressionante per tecnica e coinvolgente nel feeling, che riesce a conquistare nonostante la mancanza di non pochi tra gli storici cavalli di battaglia, impreziosita da una sezione di extra gradevole e smaliziata, per un totale di duecentoquarantadue minuti di grande musica suonata da grandi musicisti. Il messaggio è chiaro: i Dream Theater ci sono e sono più in forma che mai.  

Thank you Tokyo, this was a beautiful time.    

Tracklist:

Disc 1:
1 – As I Am
2 – This Dying soul
3 – Beyond this Life
4 – Hollow Years
5 – War inside My Head
6 – The Test That Stumped Them All
7 – Endless Sacrifice
8 – Instrumedley
9 – Trial of Tears
10 – New Millennium
11 – Keyboard Solo
12 – Only a Matter of Time
13 – Goodnight Kiss
14 – Solitary Shell
15 – Stream of Consiousness
16 – Disappear
17 – Pull Me Under
18 – In the Name of God  

Disc 2:  
1 – Riding the Train of Thought: Japanese Tour Documentary
2 – John Petrucci Guitar World
3 – Jordan Rudess Keyboard World
4 – Mike Portnoy Drum Solo
5 – The Dream Theater Chronicles: 2004 Tour Opening Video
6 – Instrumedley Multiangle Bonus

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