Recensione: Live At Last

Di paolinopaperino77 - 27 Luglio 2004 - 0:00
Live At Last
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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75

Questo Cd trovato per puro caso sugli scaffali di un mercatino dell’usato è una vera chicca per chi, come me, adora l’hard rock classico tutto energia e melodia. Registrato durante un concerto tenutosi nella capitale giapponese nell’ormai lontano 1990, questo live dei Praying Mantis vede la partecipazione di due ospiti di lusso e di prima grandezza ovverosia Paul Di Anno e Dennis Stratton (entrambi ex Iron Maiden) e questo già basterebbe per far venire l’acquolina in bocca a tutti i nostalgici della NWOBHM, ma il bello è che in scaletta troviamo 14 brani che mescolano estratti sia dal repertorio dei fratelli Troy (quindi dei PM), sia da quello dello Stratton solista, che dei Maiden targati Di Anno, ragion per cui l’occasione di ascoltare tanti classici è delle più ghiotte.

Le danze sono aperte da “Panic in the streets”, brano brioso ed avvincente, caratterizzato da un suono e da un approccio “sporco” e “stradaiolo” che caratterizzeranno tutto l’album, ma che nella traccia d’apertura si combinano magnificamente, rimandando la mente all’inizio degli anni ’80, mentre un sorriso si dipingerà sui vostri volti. Più melodica ma non priva di un riff indovinato e di un assolo vecchia maniera la seguente “Dangerous game”, la quale però lascia presto il campo ad un attacco in puro stile maideniano, quello dell’epica (non pensiate però ai Manowar) “Children of the earth”, dal ritornello pieno e trascinante, senza dubbio una delle cose migliori del disco, un vero classico, pieno di riferimenti alle prime soluzioni targate Harris e C., ma dalla pronunciata vena melodica e “drammatica” dei Troy Brothers. Un delicato arpeggio vagamente savatageiano introduce con un’aura di notturno mistero uno degli altri piatti forti dei Mantis, la splendida “Lovers to the grave”, struggente, ammaliante e delicata nella prima parte, impreziosita dalla soave tessitura di un’atmosfera sognante, per poi lasciare spazio all’assolo e diventa difficile non lasciarsi trasportare verso il gran finale elettrico, veloce e tutto giocato su un crescendo emozionante della chitarra solista.

Terminato questo piccolo gioiello di malinconica bellezza, ecco esplodere un riff trascinante e dinamico, quello di “Flirting with suicide”, in pieno stile NWOBHM, ma rispetto ai due brani che l’hanno preceduto, questo accusa una minore capacità di conquistare l’ascoltatore, pur risultando ben fatto e tutto sommato piacevole e divertente. I Mantis puntano ancora sulla fisicità con “Hot tonight”, anch’essa dotata di un riff quasi rubato ai Kiss, così come il ritornello e questo, lungi dallo stonare con il contesto generale dell’album, porta una ventata di disimpegnata allegria che non fa mai male.

“Running for tomorrow” rialza il tiro ed esce robusta e fiera dagli amplificatori, piacendo anche per un gusto maideniano in alcuni frangenti, ma soprattutto per essere un bel pezzo hard rock vecchio stampo. Da questo momento, con l’eccezione di “Cheated”, tutti i brani sono tratti dai primi due dischi della Vergine di Ferro e ….. che brani!!!

Si parte con “Wrathchild” uno dei più coinvolgenti pezzi di quel periodo, con un Paul Di Anno che sembra avere ancora vent’anni e con i Mantis che clonano lo spirito dei Maiden praticamente alla perfezione, grandiosa! Grandissima ed epica anche la successiva “Murders in the Rue Morgue” in tutto e per tutto graffiante, veloce e paurosa come l’originale. Benissimo anche “Remember tomorrow” ed i brividi non si possono più trattenere, proprio no. Di Anno canta benissimo e la sua voce sporca ed irriverente non fa che rendere vicini, vibranti ed immortali questi brani per il cuore di qualsiasi rocker timorato di Dio. Immense, ovviamente, anche le altre semicover maideniane “Phantom of the Opera”, “Iron Maiden” e “Running Free”, tutte da godere.

“Cheated” ricorda a tutti che, omaggi a parte, questo è un disco dei fratelli Troy e quale modo migliore di farlo se non inserendo in scaletta un brano così orecchiabile, e trascinante? La canzone si lascia ascoltare che è un piacere e viene voglia di spararla a volumi assurdi nello stereo della propria vetturetta durante un’allegra scampagnata con la fidanzata o con gli amici.

Tirando le somme questo CD, se riuscirete a trovarlo (posto che i Praying Mantis sono quasi una chimera, almeno dalle mie parti), non deve mancare in nessuna collezione heavy metal anni ’80, perché è stracolmo di belle canzoni, ricco di energia, divertimento e classici del genere.
Praying Mantis: un tesoro nascosto.

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